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linea di fuga verso il mare

martedì 24 novembre 2009

Invito alla riflessione sulla: dialogica della vita

Dalla nota di Antonia Colamonico in Facebook del 22-23-24/11/2009





(da Le filastrocche di Spazioliberina,. A. Colamonico, in Fatto tempo spazio. OPPI, Milano 1993.)


La difficoltà nella dialogica uomo/donna, nasce da un differente modo di ordinare e di interpretare la realtà che, nella sua ricchezza e tessitura di forme, si mostra come CAOS...



Massimo Pregnolato

Per chi ha già compiuto il "salto quantico" l'eterno conflitto tra uomo e donna è superato. Una logica di base comune permette la condivisione di una nuova realtà comune, da cui ne deriva affinità e amore. Per chi non avesse ancora compiuto il "salto quantico" suggerisco di non indugiare oltre :-) un abbraccio Massimo


Antonia Colamonico

Grazie Massimo per la tua chiarezza! *_*


Mariagrazia Di Bello

in una struttura semplice spettinata libera disordinata sta la flessibilità dote vincente nel dialogo, nella capacita di accoglienza nella selezione naturale ... le donne sono in numero maggiore degli uomini per questo


Valeria Spinelli

Il CAOS.....Dovrei definire prima quella che sono per dire poi quello che ho intorno...Stasera sono naufraga, Antonia. Né uomo né donna. Semplicemente naufraga.


Francesco Izzo

Nessuno dei due. Entrambi credono reale ciò che non esiste: ciò che è stato, ciò che sarà, la potenzialità dell'essere. La realtà sta sempre un passo dietro o un passo avanti a ciò che siamo, sempre più nostra, sempre più estranea a noi.


Claudio Cannella

ho il sospetto che più di una persona qui intorno soffra della neccesit133 tipica delle culture posthegeliane di un nemico o di un diverso a cui contrapporsi


Claudio Cannella

cio138 tenda più alla dialettica che alla dialogica


Pileria Vaccaro

Io ho compiuto il "salto quantico" e finalmente mi ritrovo nella struttura semplice...meno complicata.....e vi assicuro che c'è ne voluto tanto!!!!!


Angela Graziano

Credo che tutti, uomo o donna, dovremmo alternativamente passare da una struttura semplice ad una complessa, senza preavviso. l'incontro fortuito genera l'amore...


Marizia Mandara

Con il grande passo di qualità che ha fatto la donna ... in linea di massima... i due generi si sono uniformati… condividendo entrambi una nuova visione di realtà .


Maria Albano

Antonia....ho la presunzione di sentirmi un frammento dell'uno e come tale non riesco a identificare me e nessun altro in delle categorie rigide.....mi piace pensare di poter essere tutto .....mi piace poter contraddire qualsiasi teoria .....credo sia il bello dell'essere umano....

ho rispetto per tutti gli studiosi che passano una vita a cercare di catalogare......ma quando si tratta dell'uomo amo pensare che ci sia sempre una variabile che rende ciò impossibile....


Antonella Loffredo

Sarebbe carino non ordinare o interpretare nessuna delle strutture...e diaoLOGICAmente farne una propria in base a quello che MENTalmente prova. Forse una questione di Costituzione Biologica...codizionata da un UNICA legge Universale.

Grazie Antonia !


Antonia Colamonico

Carissimi tutti i contributi hanno in sé una pillola di verità! non esiste un punto di vista definitivo, né dentro, né fuori di noi, siamo tanti "frammenti" "quantici" che tendono ad un equilibrio che se è raggiunto si fa semplicità se no, complessità! Il sentirsi semplici o complessi è in funzione del grado di chiarezza con cui si vive quel attimo di realtà che come fa notare Francesco nella sua essenza ci sfugge!!!

Siamo dei funamboli in eterno bilico tra la vita e la morte, tra il disordine e l'ordine... lo stesso vale per il rapporto di coppia.

Importante è la di-a-logica stessa che si pone come un dialogo tra due parti, di pari dignità... a differenza della dialettica, in cui c'è un rapporto di sopraffazione.

Ringraziandovi per aver partecipato... a domani. Buona notte! :-)))


Angela Graziano

grazie di tutto. buonanotte


Tony Kospan

Maschi e femmine... differenze ma non diversità...

Ma è dal caos...che nasce tutto...

Nell'ordine nasce la noia...

Ciaooooooooo


Antonia Colamonico

Si sentiva la mancanza del POETA!!!


Rita Benigno

@ Antonia, arrivo soltanto ora ma ti ringrazio per aver posto un problema che personalmente, però, trovo oltremodo complesso.

Mi sembra di capire che tu riporti, in qualche modo, la difficoltà della dialogica uomo/donna ad una differenza identitaria di “genere”.

Ripensando ad Hegel, mi viene da dire che l’identità è sempre “l’identità dell’identità e della differenza”: l’identità, cioè, include sempre in sé l’alterità. Ma proprio il modo in cui identità ed alterità vengono interpretati nell’unicità dell’ego è ciò che poi definisce una cultura sociale.

In questo senso, il genere è una costruzione sociale, in quanto individui che nascono di sesso maschile o femminile entrano, attraverso questo processo, nelle categorie di uomini e donne. Riconosciuto ciò, hai allora certamente ragione quando affermi che le difficoltà di rapporti nascono da un’incapacità di valorizzazione dell’identità dialogica della persona attraverso la differenza di genere.

Proprio la “filosofia dialogica” potrebbe allora soccorrerci, fornendoci gli strumenti per “ri-cominciare” la conoscenza dell’altro. Cogliere l’altro come “epifania” e come mistero sarebbe ciò che potrebbe spingerci a conoscerlo e a non imprigionarlo in definizioni stereotipate e chiuse. Un lieto fine?...

La realtà è che di “lieti fini”, nella storia degli uomini e delle donne, non ce ne sono poi tantissimi.

Il punto è che nei rapporti fra i generi è sempre presente l’elemento sessuale: più o meno manifesto o latente oppure represso, ma sempre presente. E’ inutile disconoscere che, ancora oggi, anche la società occidentale è marcata da un’ atavica conversione culturale e storico-sociale della differenza in asimmetria, cioè dal riconoscin1ento dell' alterità femminile esclusivamente attraverso un esercizio di riduzione all’unità maschile. Le relazioni sessuali fungono quindi da regolatori sociali, sia sul piano dei comportamenti visibili che su quello della rappresentazione collettiva.

Se questo è vero (come penso sia), l’urgenza è allora quella di una riflessione in grado di portare alla rivisitazione radicale della fondazione dominante (maschile) della sessualità. Fino a quando non sapremo fare questo, la scena dei rapporti sarà sempre quella del conflitto: in molti casi mascherato; in tanti altri (troppi) violento, come la cronaca purtroppo ci insegna.


Antonia Colamonico

Rita, grazie per il tuo approfondimento.

Si, il problema è nella difficoltà a sentire in modo di-a-logico la relazione io/tu... che implica il riconoscimento di uguale valore-dignità. E' nella diversità-complementarietà che si costruisce la coppia: e i due saranno una cosa sola!

Se l'altro non ha un valore paritario, automaticamente scattano i rapporti di potere che investono anche la sfera sessuale... l'altro come l'oggetto di sottomissione... per affermare il personale dominio; questo è un livello + basso di organizzazione del pensiero!

Necessita quindi quel "salto quantico" di cui parla Massimo, nel suo intervento.


Rita Benigno

@ Antonia, grazie a te per il problema posto. Vorrei soltanto sottolineare e ribadire che i rapporti di poteri scattano originariamente ed in primo luogo proprio a partire dalla sfera sessuale (e non "anche"). Come ho già scritto sopra, questi rapporti di potere originari fungono proprio da regolatori sociali.


Antonia Colamonico

Non credo che si possa fare una gerarchia, Rita, sono un tutto interdipendente che poi si manifesti + sotto la sfera sessuale, ok!

La conclusione è che c'è molta strada ancora da fare per costruire una vera democrazia!


Rita Benigno

Non è una questione di gerarchia, Antonia. Ma il discorso è troppo lungo ... :-)

Comunque la strada da fare è ancora davvero tanto, hai ragione.


Antonia Colamonico

Si, ^_^


Cristina Dondi

oggi in tempi di ciarpame la donna ha sentito il bisogno di dimostrare che conta solo se si omologa o si sottomette alla visione che di lei hanno i maschi perdendo ciò che era considerato il suo principale vantaggio competitivo: l'intelligenza emozionale. La difficoltà di questo modo di procedere sarà sempre più problematica, ..


Antonia Colamonico

Cara Cristina, siamo in un'epoca in cui si è sostenuta la sola dimensione corporea della vita, se l'aspetto spirituale è una bufala, il sesso è la dimensione + importante, come espressione della privata e collettiva umanità!

I giovani e non solo si sono di conseguenza adeguati all'inganno della seduzione del corpo, che dietro di sé ha un giro di miliardi, gestito dalle mafie!

Oggi vive male chi crede nella doppia dimensione e pensa che l'uomo non si dissolva in un segmento di tempo entropico!

Accettare una dimensione spirituale impone l'iniziare a parlare di coscienza, di libero arbitrio, di assunzione di responsabilità nei confronti della vita e della storia, di saper ammettere l'errore e di avere voglia di cambiare!

Implica il salto di paradigma dal mondo dell'apparire a quello dell'essere: dall'io ho, all'io sono!!!...

Ma personalmente ho fiducia, lo schifo è troppo, per cui da tale perdita di senso nascerà il senso-direzione nuovo!

... la verità è sul lungo periodo che si misura!!! ^_^


Mario Esposito

Eccomi qua Antonia :-)

Non finisce mai di stupirmi come le domande di fondo del genere umano - "fatalmente" - restino quasi sempre inevase e si prestino a continue re-interpretazioni, negazioni, riscoperte.

Il rapporto Uomo-Donna è uno di questi "eterni" sottoposto a continua verifica in base allo sviluppo delle discipline sia umanistiche che scientifiche e, soprattutto, al "vissuto sociale quotidiano".

Questo processo in qualche modo "hegeliano" (dialettico) deve poter trasformarsi come dici tu in una dialogica dove possa ricomporsi in maniera "naturale" quella separazione che al livello biologico e socio-culturale indubbiamente esiste.

Concordo moltissimo con quello che ha detto Rita riguardo al sesso....

Non dimentichiamoci mai che l'evoluzione è un processo che procede per mutazioni ed adattamento continuo all'ambiente ed ai suoi stimoli - grazie alla selezione naturale - e che per arrivare allo stadio attuale il percorso è stato lungo ed articolato.

Nella nostra psiche c'è ancora il rettile ed il mammifero, poi si è "aggiunta" la neo corteccia sede/apportatrice delle funzioni cognitive superiori.

Le nostre emozioni ed i comportamenti associati sono molto spesso non vagliati dalla coscienza e quindi riproducono in qualche modo il nostro "essere animali" con gli istinti ed impulsi primari necessari alla sopravvivenza, che però sono sublimati, repressi e trasformati dalla mutata realtà socio-culturale e tecnologica.

In sintesi, la ragione razionalizza i nostri istinti e quindi ciò implica ancora un bassissimo livello di coscienza e di consapevolezza sia dell'Uomo che della Donna. Una strada da percorrere, senza fine direi, è quella di Conoscersi, poi di Com-prendersi e ancora conoscersi, comprendersi ...per cambiarsi e migliorarsi assieme.

Il bello è proprio che siamo diversi, ma occorre trasformare la Cultura entro cui questa differenza può diventare vera ricchezza e non invece "assurda" incomprensione reciproca.

Alla fine il "mistero" resterà sempre, ma saremo più consapevoli e avremo cominciato, come dici tu e altri che hanno commentato, a fare dei "salti quantici relazionali e cognitivi".


Antonia Colamonico

Grazie, Mario, bella la tua analisi... il processo evolutivo è sia mutamento che permanenza, insieme; per cui in noi c'è l'animale/l'umano /il divino... ma anche il minerale... il vegetale... solo una cultura della Conoscenza può permetterci di dialogare con le + parti di noi!

Da una buona dialogica con noi, poi nasce una buona dialogica con gli altri, siano affetti o semplici conoscenze o come dico io tutto il sistema vitale.

Credo molto nella forza creatrice della parola che scava/edifica le nicchie/creste mentali... per cui alla fine a base di tutta la relazione uomo/donna c'è il parlarsi, evitando i mutismi e le ripicche.

Spesso si scorda che i silenzi allontanano l'altro che essendo un diverso non può comprendere fino in fondo quello che si agita dentro di noi, per cui basta semplicemente raccontarsi gli stati d'animo, per chiarirsi... Essere sentinelle nella notte!


Rita Benigno

Lodi, lodi, lodi a Mario Esposito, soprattutto all'uomo. Sono ammirata ;-)


Antonia Colamonico

Il bello della dialogica è proprio in questo mettersi in discussione e aprirsi all'ascolto... credo che la rete potrà essere un ottimo veicolo di ampliamento degli orizzonti cognitive ed emotivi... necessita attivare tante "bolle di conversazione" per generare riflessione e condivisione...

Ringrazio tutti e se permettete vorrei recuperare il tutto per salvarlo sul mio blog: occhio biostorico, per evitare che vada cancellato.

Grazie a tutti voi cari amici! *_*


Clary Dionisio

Antoniaaa!!!! Tu sei innovativa e creativa.. le tue provocazioni le adoro.. sono grrr con me e questo periodo pienissimo di impegni, ma sei nella mia priorità di studio, perché è così!!!!!!!!!!!


Mario Esposito

@ Antonia

"Spesso si scorda che i silenzi allontanano l'altro che essendo un diverso non può comprendere fino in fondo quello che si agita dentro di noi, per cui basta semplicemente raccontarsi gli stati d'animo, per chiarirsi... Essere sentinelle nella notte!"

CONDIVIDO!!!!!

@ Rita

Lode alle Donne e alla Donna! ;-)


Antonia Colamonico

Si, l'idea della sentinella nella notte è stupenda... è biblica!


Ivonne Citarella

Ciao Antonia scusa il ritardo e grazie per il tag e della nota che ha generato commenti molto interessanti. Secondo me il Caos è quello che meglio rappresenta quella difficoltà dialogica tra uomo e donna, non riuscirei appresentarmi in nessun'altra struttura. Il Caos, per quanto tale, è secondo me lo specchio di quello che noi siamo, in quanto in esso ritroviamo la differenza biologica e sociale di genere, non solo , ma anche la complementarietà di genere che è fondamentale e che ancora muove il Mondo spingendolo al dialogo e alla dimensione relazionale seppure con "eterne"difficoltà. Il Caos prevarrà sempre lì dove ci sarà tra i generi la volontà di "dissentire in sintonia".Il Caos è, secondo me, ricchezza sempre e comunque !!!Un abbraccio!!


Daniela Biganzoli

Condivido la visione di Tony.

Il mondo è caos,l'arte nasce dal caos col desiderio di riordinare la realtà. Francis Bacon ci insegna proprio questo:"Mi sento a casa nel caos, perchè il disordine suscita delle immagini, ad ogni buon conto mi piace, potrebbe essere lo specchio di quello che avviene nella mia mente".

Un abbraccio Daniela


Tony Kospan

Concordo con Daniela... La vita è Caos.... Caos che cerchiamo di ordinare... ma bisogna esser consapevoli che non vi riusciremo mai.

Ma è proprio durante questo moto/tentativo continuo di sistemare il caos che si svolge la nostra vita.

D'altronde per la mitologia classica

"All’inizio vi era il Caos.

Poi Urano creò l’universo. Si unì con la madre Gea, la Terra, ed ebbe molti figli che uccise. Si salvò Cronos, il Tempo. Cronos si accoppiò con la sorella Rea, ma come suo padre, uccise i figli. Rea riuscì però a salvare Zeus… Questo mito antichissimo segna già l’angoscia umana sulle ragioni della vita e della morte."...

Ciao...


Antonia Colamonico

Biostoricamente: Il Caos è la vita... l'ordine la conoscenza!

Erroneamente crediamo che l'ordine sia vita!

Se si legge la dinamica vitale come una dialogica comunicativa io/tu, in ogni azione/risposta si invertono i ruoli di destinatario/emittente per cui si è, per sempre, obbligati a misurarsi con il disordine che l'altro fa dentro di noi e con ... il bisogno di ordine che è la capacità a comprendere, per poter rispondere... nella risposta io genero il caos nell'altro che è obbligato a darsi ordine-pace per la nuova risposta... questo è in biostoria: il gioco vitale.. la favola bella!!! :-))))

In questo prenderci e lasciarci, la vita, come in una danza d'amore, si apre alla SINTROPIA DEL CAOS o + semplicemente all'ORDINE DELLE DIVERSITA'!!! ****___****


sabato 14 novembre 2009

Importanza della presenza: pensieri in Facebbok



di Antonia Colamonico (biostorica)


Solo le parole del cuore sono eterne, sono ripercorribili in tutti i tempi e per tutti i tempi; mentre le parole della mente si prestano ad invecchiare e farsi stupidità!!! Per questo la POESIA è eterna e la scienza no!!!! (io)


Quando la tirannia e l'anarchia si incontrano, formano la democrazia... perciò questa è sempre in bilico tra un ordine che tende a farsi roccia e un disordine che chiede dinamismo... energia... (io)


Il potere è potere e tende a farsi roccia! Ma le rocce vengono scavate dall'acqua e noi dobbiamo essere acqua... invadere, inondare tutte le sue trame con la nostra consapevolezza... silenziosa e attenta a catturare una crepa per riempirla della nostra diversità! (A C = io)


La Poesia richiede una grande capacità dialogica con l'infinito. Saper restare svegli una notte intera in attesa di una sillaba, una sfumatura di significato, un eco di vita, un intreccio di immagini, un volto, una pupilla, un fuoco… (io)


Senza amore viene meno il rispetto di noi stessi… il coraggio ci manca... Ci ripieghiamo in noi stessi, nutrendoci della nostra personalità e distruggendola poco per volta con le nostre mani. Con l'amore siamo creativi, marciamo senza stancarci. Con l'amore, e solo con l'amore, siamo in grado di sacrificarci per gli altri. (Dan Gorge, capo)


I tuoi occhi... saranno una vana parola, un grido taciuto, un silenzio... quel giorno sapremo anche noi che sei la vita e sei il nulla. Per tutti la morte ha uno sguardo. (c: Pavese)


Non ne conosci una che ti risollevi con gli occhi, sentendo che Dio ha mandato un angelo sulla terra solo per te, per salvarti dagli abissi dell'inferno. (Il genio ribelle)


... non s' inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo, non vado in cerca di cose grandi... sono tranquilla e serena come una bimba in braccio a sua madre. (Sal. 131)


Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace. Liberi come eravamo ieri dai centimetri di libri sotto i piedi per tirare la maniglia della porta e andare fuori… (Giudizi universali)


Amami, e nel ricordo prendi la fionda antica e battimi i capelli. Mi vedrai crescere nera come la foresta dell'Amazzonia, ma se scosti i miei rami vedrai nella mia lingua uccelli variopinti e paradisi terrestri. Allora non pregare il Signore, perché la dovizia del mio canto io l'ho rubata a lui in un giorno di distrazione. Alda Merini


Nel silenzio della notte, io ho scelto te. Nello splendore del firmamento... Nell'incanto dell'aurora... Nelle bufere più tormentose... Nell'arsura più arida, io ho scelto te. Nella buona e nella cattiva sorte, io ho scelto te. Nella gioia e nel dolore... Nel cuore del mio cuore, io ho scelto te. (S. Lawrence)


Non esiste una libertà definitiva che valga per sempre, ma tante libertà per i tanti momenti della vita che si gioca in ogni secondo di presente. Non esiste una democrazia che è assoluta, ma tanti gradi differenti di democrazie; libertà e democrazia si misurano continuamente con i lacci della tirannia e dell’ipocrisia. (da Costellazioni di significati per una topologia del pensiero complesso. A Colamonico)


Assolutizzare ideologicamente il progresso tecnico oppure vagheggiare l’utopia di un’umanità tornata all’originario stato di natura sono due modi opposti per separare il progresso dalla sua valutazione morale e, quindi, dalla sua responsabilità. (Caritas in veritate)


Strutturato, ormai stretto, chiamò liberina. Aiutami! Nei miei se mi sono perduto e un senso della vita più non c’è! Liberina ascoltava silenziosa… Presuntuoso stupidello che credevi esser il più forte! Hai voluto comandare dirigendo i fior in qua, le stelle in giù, i mar in su, gli uomini in là. E DIO poi? Spazio più non c’è! Hai voluto ordinare e non sai che c’è chi ha ordinato pure te. (da le filastrocche… io)


Ti manderò un bacio con il vento e so che lo sentirai, ti volterai senza vedermi, ma io sarò li. Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i sogni... ( P. Neruda)


... Solo l'incontro con Dio permette di non "vedere nell'altro sempre e solamente l'altro", ma di riconoscere in lui l'immagine divina, giungendo così a scoprire veramente l'altro e maturare un amore che diventa cura dell'altro e per l'altro (Caritas in Veritate...)


… con un po’ di malinconia, se ne stavano in dolce compagnia nella grossa nube blu. Un bel cuore li investì. Fatto solo di note: mi fa sol. Sol la si. Re do mi. Re mi fa sol la si. Fatto solo di colori: rosso verde giallo rosa. Celeste viola. Bianco.... Fatto solo di parole: lacrima goccia rugiada. Riflesso brivido. Soffio. Era il cuore dell’amore. (Le filastrocche di Spazioliberina, AC = io)


Morire sì, non essere aggrediti dalla morte. Morire persuasi che un siffatto viaggio sia il migliore. E in quell'ultimo istante essere allegri come quando si contano i minuti dell'orologio della stazione e ognuno vale un secolo. Poi che la morte è la sposa fedele che subentra all'amante traditrice, non vogliamo riceverla da intrusa, né fuggire con lei. (V Cardarelli)


"Che tu sia coraggiosa come la sabbia del mare che non teme le onde che avanzano per ricoprirla; che tu abbia la fede di coloro che lottano per vincere, la speranza di coloro che assumono il presente per costruire il futuro, l’amore di coloro ch...e non temono la morte, perché di amore non si muore ma si rinasce". (Poesia di un detenuto brasiliano alla figlia appena nata)


Nella camera degli specchi ho spezzato un mio pensiero e come cineasta innamorata ho filmato la ballata delle idee… Tra giri e giri le parole si accoppiavano e si sdoppiavano, aprendosi e chiudendosi, a intese sempre nuove. Fu così, che, tra un valzer e un folk-song, quel pensiero si quintuplicò. (Moltiplicazioni, in Il Filo. A. C. = io)


Voglio sbriciolare il mio amore. Frantumarlo in miriadi di attimi che si allontanano gli uni dagli altri. Troppo fragili sono i ritorni alla piena di andate. Voglio disperdere al vento il mio amore e darlo ai flutti, alle nubi, alla polvere. E toglierlo a te che annoiato sbadigli, mentre io ti parlo. (Prosa e poesia da Il filo. A.C.)


Spazioliberina, passeggiando una mattina, da dietro una porticina intravide Strutturato Spaziostretto: tutte linee intersecanti, tutto muri portanti, tutto pilastri rotanti, tutto vani privati…… un’idea le balenò! Liberare in un sol colpo, dai suoi se, Strutturato Spaziostretto. Una fata l’aiutò, una canzone le mandò, una voce l’intonò, una luce l’inquadrò… (da Storia di un volo in Le filastrocche ... A.C.)


Stasera la maschera c'era ma è caduta. Era da tanto che volevo stare col viso nudo... Il mio viso, portatore di tratti dolenti, ma anche di tanto sorriso... ( da Maschere di C. Ramondino).


Se urli tutti ti sentono, se bisbigli solo chi è vicino, ma se stai in silenzio, solo chi ti AMA ti ascolta. ( Mahatma Gandhi.)


Il progresso è diventato una sorta di "gioco delle sedie" senza fine e senza sosta, in cui un momento di distrazione si traduce in sconfitta irreversibile ed esclusione irrevocabile. Invece di grandi aspettative di sogni d'oro, il "progresso" evoca un'insonnia piena di incubi di "essere lasciati indietro", di perdere i...l treno, o di cadere dal finestrino di un veicolo che accelera in fretta. (Zygmunt Bauman)


Farò della mia anima uno scrigno per la tua anima, del mio cuore una dimora per la tua bellezza, del mio petto un sepolcro per le tue pene. Ti amerò come le praterie amano la primavera, e vivrò in te la vita di un fiore sotto i raggi del sole. Canterò il tuo nome come la valle canta l'eco delle campane; ascolterò il linguaggio della tua anima come la spiaggia ascolta la storia delle onde. K Gibran


L'intuito non sbaglia mai! la prima impressione che riceviamo su chi incontriamo, nel tempo, si rivela quella esatta.

L'amore non dà nulla fuorché se stesso, e non attinge che da se stesso. L'amore non posside né vorrebbe essere posseduto; poiché l'amore basta all'amore. K Gibram


La parola prende corpo, come una bolla, da un vuoto quantico, un non detto che precorre la stessa presa di coscienza del suo significato e ne costituisce il segreto. Imparare a leggere i silenzi di parole, apre la porta del cuore e ti permette di vedere nell’anima del tuo interlocutore. A.C = io.


Abbiamo elaborato un'idea così raffinata d'amore che diviene pressochè impossibile trovare un uomo o una donna in grado di competere con tanta bellezza!!! (io)


La vera reazione è riappropriarci del nostro TEMPO e iniziare ad investirlo secondo la nostra di Coscienza. Biostoricamente parlando noi siamo consumatori di tempo, la nostra vita è un contratto a tempo, per cui la nostra vera e unica ricchezza è il tempo dei nostri giorni!!! Appropriarsi del proprio tempo è divenire protagonisti storici!!! (io)


Le parole dei poeti, orditi di risposte al disordine dei miei pensieri. Gioco a tessere pagine nuove sui fili antichi. Anch’io ho voglia di tramare i grovigli dei tuoi pensieri. (Ancora le parole, da Il filo. A.C.)


Mi piacerebbe essere… il sogno del tuo sonno… il ricordo della tua canzone… la sillaba della tua poesia. L’accelerazione del tuo battito. L’idea della tua mente. Il riflesso del tuo specchio… il brivido della tua pelle. Il disordine del tuo ordine. L’ordine del tuo esistere. (da Le filastrocche di Spazioliberina, AC)


Non credo nel poeta del nulla. Non credo nei sepolcri di patrie virtù. Non credo nei muri imbiancati che indicano ai viandanti il coraggio di eroi. Date al poeta una lapide a sigillo del niente. Alle patrie un altare a frontiera del limite. Agli ingenui un intonaco a paravento di intrighi. A me un soffio, un’ala, un’onda, un brivido quali segni di Vita. A Colamonico


Ero seduta, alla loggia della mente, ad arroccare ritorni e vuoti di pensieri. Quando, tra un vaso e un geranio, s’acquattò la Poesia dai fili non tesi, a supplicarmi di fare una spola, per un suo canto. (Discontinuità di tempi. Antonia Colamonico)


Ordine del Caos… armonia. Chiave di accesso all’armonia… contemplazione. Chiave di accesso alla contemplazione… perdita del tempo. Chiave di accesso alla perdita del tempo… sogno. Vorrei essere la chiave della perdita del tuo tempo… Vorrei essere il tuo sogno. (da Le filastrocche di Spazioliberina, A Colamonico)


Mi sta addosso come una veste lisa... la vita lavata rozzamente con sapone nell'acqua inquieta di un fiume in piena, lasciata lì... su quel cespuglio ad asciugare fra pungenti spine e dolci more, preda ora del vento freddo ora del caldo sole.... (La veste, G. De Vita)


Filare le Parole. Ricomporre i gomitoli dei segni. Le matasse dei punti. I velli dei pensieri. E... poi... Cardare i pensieri. Comporre le matasse e i gomitoli. Tessere le parole. (A Colamonico)


Da la mia bacheca in Facebook

domenica 16 agosto 2009

la spinta democratica del ’68: chiacchierata biostorica







di Antonia Colamonico



(Nardo 2003. Antonia Colamonico e Edgar Morin. Ideatori del paradigma biostorico come dialogica della vita.)


Si sta sparlando molto del ‘68 , quasi, con l’intendo d’esorcizzarlo, poiché a distanza di 40 anni fa ancora paura.

  • Cosa fu realmente il ’68?

La consapevolezza collettiva di una generazione che decise d’appropriarsi della propria libertà di coscienza.


Solo chi l’ha vissuto può raccontare il soffio di libertà che aleggiava negli incontri pomeridiani dei comitati studenteschi che si riunivano negli oratori delle chiese, divenuti i luoghi della democrazia.


Esistono due volti del ’68, come le due facce di una stessa medaglia: la faccia democratica e quella demagoga d’impronta autoritaria.


Biostoricamente parlando ogni processo storico non può essere letto come una dinamica uni-dimensionale, esiste sempre un’ambivalenza di tendenza nella storia, poiché ogni evento è il risultato di una scelta che chiude ad una possibilità ed apre ad una nuova, per cui se si guarda ad esso come ad un processo unico a spugna, il pieno/vuoto delle creste si costruiscono insieme, in quanto ogni edificazione vitale ha le sue zone d’ombra/luce che s’accompagnano come l’altra faccia di sé.

  • Quali furono i due volti del ’68?

Il volto partecipativo dei nati negli anni tra il 1943-1953 che avevano interiorizzato il valore morale della ricostruzione postbellica. E il tentativo d’accaparramento di tale mobilità sociale verso strategie di rovesciamento dell’ordine costituito; infatti si può parlare di due fasi del ’68: la prima di movimento spontaneo (anni ‘67-‘’70) e la seconda il tentativo di lottizzazione delle coscienze verso gli estremismi rivoluzionari di destra/sinistra (anni ’70).


I sessantottini erano nati negli anni della miseria, anni in cui i padri s’imposero l’urgenza morale della ricostruzione, vista come boom industriale e boom culturale. Fu quello il momento storico del rimpasto territoriale con la migrazione sud-nord e della presa di coscienza che la dignità della persona passa attraverso la cultura e il lavoro.


I figli avevano interiorizzato tali valori per cui essi erano usciti da una visione provinciale e quindi circoscritta, d’appartenenza locale e classista ed erano consapevoli che solo attraverso l’appropriazione del diritto al lavoro e del diritto alla conoscenza si potesse fare il salto di qualità.


Il lavoro come il cardine intorno a cui elaborare la vera democrazia fu già dalla costituzione sancito come l’elemento distintivo di una società civile e con questo il diritto allo studio, visto come strumento d’emancipazione dalle logiche del potere.

Su questi due nodi esplose il ’68, dapprima come richiesta d’apertura degli atenei ai figli della classe operaia e poi come emancipazione della donna dallo stato di cattività in cui da secoli era tenuta.


Sul lavoro e sullo studio fu attuata, oggi diremmo, la metaposizione, per cui si analizzò il lavoro con il diritto che ne consegue e si svelarono i lati bui dello sfruttamento della classe operaia, tanto da giungere al più grande documento della storia democratica: lo statuto dei lavoratori, che poi sistematicamente è stato scardinato con il consenso degli stessi sindacati di massa, asserviti alle logiche clientelari di partito. Ed oggi assistiamo allo sfascio dell’idea stessa di lavoro per cui i giovani sono i veri poveri, eternamente precari. Ma a guardar bene la precarietà è la condizione dell’oppressione intellettuale e morale che fa del nato, biologicamente libero, un socialmente servo.


Si entrò, in quegli anni, nelle maglie della cultura e si iniziò a fare uno studio capillare sulle dinamiche della logica tanto da sviluppare una capacità di tesi e di antitesi, d’analisi e di sintesi dei discorsi, da fare paura. I sessantottini svilupparono in quelle assemblee una tale capacità ad argomentare da essere in grado di tenere testa alla classe genitoriale che educata in età fascista ne aveva conservato i modi e le sembianze mentali.


Ricordo l’impegno era imparare a smontare un discorso, a fare, oggi diremmo, la destrutturazione del linguaggio, per svuotare di senso il discorso autoritario. Ricordo ancora lo studio sui modi del come argomentare, partendo dai propri genitori, per rivendicare le piccole richieste delle piccole libertà che erano per noi adolescenti le più grandi conquiste della storia. Ricordo come avevamo una parola d’ordine:

  • usare la forza delle parole per rivendicare il diritto alla minigonna, ai blu jeans, all’accesso all’università, ad andare fuori regione per esercitare il diritto al lavoro, e poi le grandi battaglie come quella sui manicomi, sul divorzio.


Ma se questo è stato un volto bello del ’68 c’è stato anche il risvolto della medaglia.


Questa ventata collettiva di presa di coscienza faceva paura alle lobby di potere partitico ed economico, nonché istituzionali. Tra la rete di rivendicazioni intorno alla dignità della persona, si annodarono le trame oscure di chi, avendo paura della democrazia, voleva imbrigliare il movimento e piegarlo verso il rovesciamento dello stato democratico.


In tale gioco entrano in scena i demagoghi della cultura, i gran maestri della storia che cercarono di piegare le spinte libertarie o verso la sinistra rivoluzionaria di stampo tardo-romantico, o verso un revival tardo-fascista o verso un mai domato assolutismo, tardo-medievale.


Tra il gioco oscuro dei servizi segreti deviati, dei terroristi rossi e neri, il movimento fu liquidato nella violenza degli anni di piombo. Da questo momento l’etichetta "sessantottino" assunse una connotazione negativa, di esaltazione generazionale, di mancanza di maturità.


Ma a guardar bene il ’68 fu un vento di libertà che dilago nel mondo, cambiando in modo irreversibile la mente umana, potremmo dire usando una terminologia più appropriata, fu un autentico salto di paradigma.

  • A posteriori cosa è mancato alla generazione del ’68?

L’implosione del movimento fu la diretta conseguenza di una mancata risposta della nicchia-campo storico: la classe adulta vide nella capacità logica dei figli non un fattore di civiltà, ma uno di maleducazione e così facendo li privarono di quel appoggio morale necessario per rafforzare e consolidare le conquiste raggiunte, collaborando insieme.


Privati della risposta democratica del campo, i giovani, data la loro fisiologica fragilità emotiva, o furono piegati dal sistema conservatore con la logica della carota o emarginati, con la logica del bastone, poiché definiti sciocchi idealisti.


Molti per le competenze sviluppate entrarono nei quadri dirigenziali e molti furono tenuti al bordo della società, tacciati d'infantilismo. I primi sono entrati nella logica consumistica, i secondi hanno tenuto, nel silenzio, vive le ceneri della democrazia.


I primi hanno fatto del tempo lavoro l’oggetto del culto in grado di poter soddisfare le voglie infinite. Gli altri sono divenuti le sentinelle nella notte, sapendo che una volta avviato un processo non può essere più fermato.


Esiste il tempo pieno della storia che esplode da un tempo vuoto di storia:

  • è nel vuoto che si creano quelle variazioni minime in grado di innescare il processo farfalla!

Oggi di fronte allo sfascio generazionale dei nuovi nati, si stanno creando le premesse per un nuovo salto paradigmatico che riproporrà la dignità della persona come diritto dialogico individuo/campo… conoscenza/lavoro… finito/infinito… essere/avere… bene/male… io/tu/dio.


Ma perché la dialogica, intesa come la coesistenza pacifica di due logiche che dialogando implementano la vita, non si trasformi in dialettica che pone il potere di un discorso su di un altro, necessita fare tesoro degli errori passati e non farsi ingabbiare dalle logiche violente che scatenano risposte altrettanto violente.







http://biostoria.blogspot.com/2008/06/la-democrazia-bloccata-e-la-crisi.html

http://biostoria.blogspot.com/2008/05/la-fuga-dei-giovani-cervelli-il-salto.html

http://biostoria.blogspot.com/2008/05/il-salto-epocale-la-societ-della.html

http://occhiobiostorico.blogspot.com/2009/01/quale-logica-per-un-reale-cambiamento.html

http://palestredellamente.blogspot.com/2008/09/la-spugna-del-pensiero-e-la-costruzione.html

http://palestredellamente.blogspot.com/2009/02/la-crisi-del-partito-democratico-e.html


sabato 6 giugno 2009

Il senso del peccato


di Antonia Colamonico (biostorica)



Rileggendo con occhio biostorico la Lettera ai Romani di Paolo di Tarso, emerge una sfumatura di significato che merita di essere approfondita: il senso del peccato!


Risulta interessante constatare che alle origini del cristianesimo ci sia una visione molto evoluta di dinamica storica, almeno per chi, come me, è allergica al concetto-preconcetto di peccato, che le fa tornare alla mente i roghi e la caccia alle streghe; i dualismi di società tra buoni e cattivi; i sensi di colpa, utilizzati spesso per impedire la libertà di scelta dell’individuo…


Paolo, il padre della democrazia moderna, pone un dualismo interessante tra il credente e il non credente basato sulla atto di fede.


Il peccato consiste nel non credere in Dio, come il non riuscire ad abbracciare la logica di Dio, la visione di Dio, la gioia di Dio. Quindi il peccato di cui parla non è tanto un’azione in sé, quanto un abito mentale, un sentimento:

  • il non riuscire ad aprire il cuore e la mente a Dio! Il non riuscire ad affidarsi/fidarsi di Dio!

Il credente è il giusto, meglio colui che è nel giusto, precisa anche che Abramo non fu ritenuto giusto da Dio per le azioni, ma per aver creduto.


Il non credente è nell’ingiustizia-menzogna. È nella falsità che lo fa peccare cioè sbagliare.


Il rapporto di giustizia/ingiustizia si gioca tutto intorno al riconoscere o non riconoscere il legame Dio/uomo, inteso come il rapporto creatore/creatura; di qui la giusta/ingiusta relazione-direzione.


Paolo allarga lo sguardo a tutta l’umanità e supera le chiusure ideologiche del tempo, ponendo le basi della attuale visione di universalità che fa riconoscere pari dignità a tutte le genti.

  • La radice che crea la differenza è tutta nell’ammettere la dipendenza, di quella che poi si fa figliolanza: essere figli di Dio!

La visione di peccato in tale accezione è quindi quella di un’idea male indirizzata, cioè che segue una direzione sbagliata dello sguardo. La direzione è l’inclinazione che assume nello spazio-tempo la spugna storica, come dinamica uno/tutto della vita.


Si immagini una quercia con dei rami che si allarghino a chioma, verso il cielo. Occupare un pezzo di cielo non è secondo una forma rigida, obbligata; ma è il risultato di una dinamica comunicativa tra il ramo, la sua crescita, le altre piante, il gioco di luce/ombra, la ricchezza di sostanze del suolo, ecc.


Se la collocazione-occupazione dello spazio è condizionata a dei fattori contingenti che rendono dipendente la crescita della quercia, allora questa, in relazione al rapporto che saprà tessere con il suo habitat, avrà più o meno possibilità di crescita.


Ritornando al senso del peccato, secondo Paolo, esiste un senso giusto ed uno sbagliato nella dinamica relazionale creatore/creatura. Esiste cioè una dualità di scelta nell’indirizzare l’azione storica che condiziona la futura dinamica evolutiva di tutto il sistema uomo.


Allora scegliere la direzione A (credere) o quella B (non credere) non ha un medesimo significato; nella scelta l’apertura della cresta storica potrà restare contratta o allargata, potrà avere più vuoti o più pieni di vita. Il pieno/vuoto della spugna storica sono le dinamiche che hanno o non hanno avuto seguito.


In tale senso si può aprire una bella trattazione sul rapporto verso di lettura/dinamica evolutiva della storia. In altre pagine ho posto in luce come da un punto di vista biostorico ci sia uno stretto legame tra direzione dello sguardo e costruzione delle azioni umane:

  • se si ha il culto del passato o del futuro, cambiano automaticamente le mentalità e i giudizi che rendono virtuose/viziose le azioni storiche!

Un occhio attento a perpetuare gli stati di passato, sarà tradizionalista, autoritario, poco incline ad accettare il cambiamento che verrà valutato come errore. Mancanza di rispetto. Si pensi alle società agricole, patriarcali.

Se invece si predilige il futuro, si sarà più tolleranti, disposti a mettersi in gioco, ad accettare la critica, a dialogare con il diverso, per apprendere cose nuove, ecc.


Nel tempo le due organizzazioni storiche daranno due differenti forme storiche:

  • La prima sarà bloccata nella crescita, poiché per assenza di nuove idee, soffrirà di asfissia.
  • La seconda si evolverà e amplificherà dando spazio al nuovo che mescolandosi con il già acquisito darà maggiore spessore alla vita.


Se la dinamica storica è fortemente vincolata al modo d’indirizzare lo sguardo, allora Paolo introduce una argomento estremamente interessante circa la possibilità di accrescere o ridurre la possibilità di vita.


Se l’uomo crede, mette in atto una dialogica con Dio che lo porterà ad amplificare la sua conoscenza. Entrare in comunicazione con la logica di Dio, significa sdoppiare la propria logica e imparare a vedere sotto molteplici punti di vista le portate degli eventi, per selezionare quel evento, che poi si farà realtà, più idoneo alla vita.


Se l’uomo negherà Dio, egli diventerà prigioniero della sua stessa osservazione che si farà fonte di egoismo. Di conseguenza il peccato è il verso uni-direzionale che viene dato alla storia. Da tale miopia, nascerebbero i vizzi, come dei cicli viziosi che rendono l’uomo prigioniero di se stesso.



  • Lascio questa riflessione a quanti abbiano voglia di mettersi in gioco!

venerdì 10 aprile 2009

SOGNO INFRANTO DELL’AQUILA


di Romeo Lucioni



Occhi sbarrati e attoniti
davanti all’immane tragedia
La primavera ha perso
i suoi profumi novelli.
Narici piene di polvere
dei resti di una storia.
Sono silenti le voci
schiacciate dalla cupola della chiesa
caduta
nello schianto delle preghiere
senza risposta
delle implorazioni dell’angoscia.
Campane che danno rintocchi
assordanti
inutili richiami automatici
ad una “raccolta” impossibile.

Dispersi i corpi feriti
nelle membra e nello spirito
nella ricerca di
altri corpi freddi
sepolti nell’involucro amaro
della città distesa
come un mare di morte.
Anche le rondini sono fuggite
non amano il triste destino
della fine
non partecipano
alla disperazione composta
delle onoranze funebri.

Sono i bambini
lo strazio della realtà
… non riesce a coprire
non apre i battenti
alle promesse … per il futuro.
L’ospedale ha chiuso anche
la funzionalità delle nascite
dolore e grido di rabbia
sono le sue pareti
segnate da crepe
scritte di un destino annunciato
segnato da pregiudizi
volato nell’indifferenza
di una scienza obsoleta
inutile credenza di una
di una inutile … impossibilità.

Occhi sbarrati e attoniti
davanti all’immane tragedia
La primavera ha perso
i suoi profumi novelli.
Narici piene di polvere
dei resti di una storia.
Sono silenti le voci
schiacciate dalla cupola della chiesa
caduta
nello schianto delle preghiere
senza risposta
delle implorazioni dell’angoscia.
Campane che danno rintocchi
assordanti
inutili richiami automatici
ad una “raccolta” impossibile.

Dispersi i corpi feriti
nelle membra e nello spirito
nella ricerca di
altri corpi freddi
sepolti nell’involucro amaro
della città distesa
come un mare di morte.
Anche le rondini sono fuggite
non amano il triste destino
della fine
non partecipano
alla disperazione composta
delle onoranze funebri.

Sono i bambini
lo strazio della realtà
… non riesce a coprire
non apre i battenti
alle promesse … per il futuro.
L’ospedale ha chiuso anche
la funzionalità delle nascite
dolore e grido di rabbia
sono le sue pareti
segnate da crepe
scritte di un destino annunciato
segnato da pregiudizi
volato nell’indifferenza
di una scienza obsoleta
inutile credenza di una
di una inutile … impossibilità.

Lerre 10 Aprile 2009

domenica 8 marzo 2009

Verso una prima definizione di biostoria


di Antonia Colamonico

Sempre più spesso mi viene fatta la domanda: cosa è biostoria?

Non è facile dare una risposta, poiché è una visione, un modo di percepire e visualizzare la storia e la dinamica degli eventi; visti, non singolarmente, uno per volta, ma insieme, come un unico processo che si moltiplica, in multipli di sé, si pensi alla sbocciare di un fiore che si apre con tutti i suoi petali.

Biostoria come scienza e metodo si è mostrata alla mia mente nella sua pienezza, nell’agosto del 1992, ma ancora la difficoltà maggiore che incontro, è trasferire negli altri tale modo di percepire. Solo pochissimi, sono in grado di comprenderla, forse perché richiede una sensibilità cognitiva nuova che parta dal presupposto di una coscienza duttile, plastica.

Biostoria non indaga la cellula neurale in sé con i luoghi cerebrali attivati alla visione o all’ascolto; non s’interessa della macchina biofisica, anche se riconosce lo stretto legame tra il cervello e il pensiero, circa una buona o cattiva produzione di idee e di emozioni.

Aree dell’indagine biostorica sono i modi con cui prendono corpo i sentimenti e le ragioni che fanno da input all’azione, al fine di sviluppare una didattica della mente che aiuti il soggetto a sapersi auto-organizzare per salvaguardare e affermare la personale libertà di pensiero e di azione. Imparare, dunque, ad entrare nella logica di produzione delle proprie idee ed emozioni, per saper comprendere e visualizzare quei sentimenti o quelle ragioni che fanno da sfondo alla costruzione della sua rete storica. Rete da cui prendono lo spazio gli eventi, in tempo presente.

L’obiettivo è quello di portare ad una geografia del processo di conoscenza, quale mappatura degli stati della coscienza, che si strutturano intorno all’io, al mondo, a Dio, per imparare ad implementare gli spazi vitali o sintropici e inibire quelli mortali o entropici.
  • Entropia/sintropia sono i due poli a cui tende la vita.
L’uomo con un gioco neghentropico che si chiama conoscenza, può amplificare gli stati di malessere, o viceversa quelli di benessere. In tale gioco egli apprende a vivere e comprende il significato del suo essere nel mondo, dando senso-direzione alla vita. La direzione è la costruzione storica.

Quando nel 1987 iniziai a visualizzare e a disegnare le carte di biostoria, fu come se, di colpo, si fosse squarciato un velo, i miei occhi erano in grado di vedere i quanti informativi che si intessevano nei tessuti di significati-azioni-intenzioni-aspettative, su più livelli. Da tale consapevolezza è nato il mio impegno pedagogico di trasferire nei ragazzi simile abilità di lettura, come garanzia e difesa della personale libertà di coscienza, in un’epoca di grande seduzione e manipolazione delle menti.

Mi piace ricordare, a tale proposito, quel passo del Siracide che parla di un giardiniere che costruisce un canale per portare l’acqua alla sua aiuola, per ristorarla. Di colpo il canale diventò un fiume e poi il fiume, un mare. Così come quel giardiniere, ho iniziato questo gioco di riflessioni sul significato storico, come un modo per coltivare le menti degli allievi della mia classe e oggi mi ritrovo a scrivere in rete. Proprio in tale dimensione o meglio dilatazione della coscienza, direbbe Sant’Agostino, dal presente al passato-futuro, l’azione a tempo 0, assume significato storico e si pone come ponte di umanità.

Ogni evento, anche il più irrazionale, contiene in sé un filo nascosto che lo lega al suo piano di passato e lo proietta in quello di futuro. Isolare quel filo è compito dello storico che è in ogni uomo, perciò rintracciando quel filo di significato, si possono disegnare, azione per azione, le dinamiche evolutive a breve, medio e lungo termine.

In tali giochi di lettura si possono visualizzare i ribaltamenti di significati che vanno ad inficiare le portate storiche. Quello che con una lettura miope potrebbe risultare utile, con una lungimirante, inutile e quindi una semplice perdita di tempo.
  • Imparare a gestire il tempo equivale ad imparare a vivere.
L’obiettivo dell’indagine biostorica è portare ad un’economia di tempo, partendo dal presupposto che l’uomo è uno spazio che consuma il tempo.

È il tempo l’unico vero dato oggettivo, ad esempio un giorno è di 24 ore, in tale essere un finito, si pone come la risorsa più importante, per cui imparare a gestire il tempo è la vera ricchezza.

La chiarezza intorno alla costruzione dell’azione implica il velocizzare le dinamiche decisionali e di riflesso quelle economiche, politiche, etiche… private e sociali.

http://occhiobiostorico.blogspot.com/2009/01/quale-logica-per-un-reale-cambiamento.html

http://occhiobiostorico.blogspot.com/2008/09/diario-di-bordo-il-tempo-delluomoluomo_17.html

http://occhiobiostorico.blogspot.com/2008/04/topologia-dellocchio-biostorico-tra.html

http://palestredellamente.blogspot.com/2008/09/la-spugna-del-pensiero-e-la-costruzione.html

http://palestredellamente.blogspot.com/2008/09/la-spugna-del-pensiero-e-la-costruzione.html

http://biostoria.blogspot.com/2008/03/la-conoscenza-biostorica-tra-ordini.html

sabato 3 gennaio 2009

Quale logica per un reale cambiamento in una Società a dimensione Planetaria?






di Antonia Colamonico


La grave crisi storica che si sta vivendo impone una riflessione sulle dinamiche logiche che hanno innescato gli sviluppi fallimentari del Sistema politico-economico mondiale. Esiste una diretta corrispondenza tra il campo degli immaginati e quello degli attuati, come le ideazioni di ipotesi di azioni possibili che aprono alle differenti linee evolutive della spugna storica.


Per semplificare si pensi al rapporto pellerossa-esploratore americano nei confronti della prateria:

  • il primo vedeva nell’immensa distesa erbosa l’energia vitale che sfamando le mandrie di bufali, avrebbe di ritorno provveduto alla sua stessa discendenza;
  • l’esploratore invece intravedeva in lei, strade ferrate, ciminiere, cantieri edili… cioè tutto quel insieme di infrastrutture che avrebbero prodotto di lì a breve il take-off americano.

In linea con le due visioni di conseguenza si costruivano le azioni:

  • il pellerossa cacciava l’animale vecchio che nella corsa restava indietro;
  • l’esploratore tutti indistintamente, poiché ogni pelle era un cappello in Europea e ogni cappello era un pezzettino di ricchezza che si accumulava.

In una visione biostorica, che fa della vita l’elemento chiave dell’organizzazione logica, appare evidente che la crisi in atto è il risultato di una negoziazione storica basata sulle logiche del dominio e dello sfruttamento.


Per attuare un cambiamento radicale l’umanità dovrà attuerà un vero salto cognitivo che la porterà a restare “biologicamente” indifferente alle logiche di potere e di ricchezza private e di classe.

  • Che cosa è il potere, se non, il voler essere vincenti nelle relazioni?
Si pensi ai rapporti uomo/donna, nord/sud, ricco/povero… sano/malato… bello/brutto…

Il potere implica l’accettazione del rapporto debole/forte e di conseguenza la divisione dell’umanità di due grandi categorie i vincenti e gli esclusi; nei primi si collocano quelli che rientrano in uno standard esistenziale, stereotipato dalle logiche del lusso. Nei secondi la grande marea che resta a margine o fuori dai canoni del consumismo.


L’idea dell’uomo di lusso che rese G. Verga restio a concludere il Ciclo dei Vinti, vide in G. D’Annunzio il vero cantore, con i miti dell’esteta e del superuomo; quello stesso d’Annunzio che seguendo una logica necrofila spinse molti giovani ad abbracciare la dialettica della violenza e della sopprafazione con l’illusione di una vita come un’opera d’arte.


Nella dinamica della vita esiste una sola forma di bellezza, che si acquisisce con l’atto della nascita:

  • la bellezza data non dall’appartenenza ad una categoria, ma dal semplice essere la categoria!

Nella vita ogni foglia, nuvola, essere animato, sorriso, sospiro… hanno valore, semplicemente dall’essere l’abitante di un dato spazio-tempo che circoscrive e delimita.

  • Occupare uno spazio, consumare un tempo, esprimere una forma… sono queste le qualità che fanno di ogni essere vivente un cittadino della storia.

Il salto di paradigma per edificare una Civiltà Planetaria, richiede un grado più complesso di elaborazione logica, poiché necessita allargare la dimensione dell’io a quella del noi; sostituire il paradigma dell’esclusione, con quello dell’inclusione: dall’ego/centrismo al tutto/centrismo.


Solo una dialogica a uno/tutto potrà spogliare l’umanità delle logiche di dominio che, a guardar bene, nascono da un’insicurezza mentale di fondo, tipica del bambino che non possiede la visione di continuità dell’esistenza.


La democrazia della vita non si esprime con aree di dominio, né aree di possesso o di bellezza… di povertà, o di legittimità… queste sono semplici categorie della mente umana che per conoscere divide, separa, scinde, confronta… e poi, dimenticando che ciò è il risultato di una sua incapacità mentale a cogliere il tutto, attribuisce il valore e costruisce le scale di significato. Si pensi ad una rondine che attribuisca il valore ad una gazzella.


La crisi odierna dell’apparato politico ed economico è la naturale conseguenza di un modello mentale che per primeggiare deve sottomettere; per imporsi deve piegare. In ciò è consistito il fallimento di tante ideologie che si erano poste come il nuovo e hanno finito col ripetere i medesimi errori.


Si pensi all’apparato statale comunista, in URSS, che finì col fare gli stessi errori degli zar. la Siberia insegna! Si pensi alla borghesia che finì col essere essa stessa la nuova classe egemone, adottando gli stessi stili di vita degli aristocratici. I partiti di massa che si sono fatti essi stessi élite.


Il nuovo salto epocale si porrà come salto gnoseologico e in ciò nuovo paradigma.


Il cammino è difficile, poiché richiede un processo inverso a quello del primo uomo, mentre Adamo si vestì per nascondere la sua nudità che lo rendeva indifeso di fronte alla verità; l’uomo nuovo, dovrà spogliarsi di tutte le grettezze e di tutte le voglie che lo schiavizzano, facendogli recitare un ruolo/funzione che non gli appartiene.

  • Imparare ad essere ignudi di fronte alla vita, come un fiore in un campo di grano!
Ecco la nuova frontiera!

Centro Studi di Biostoria - Palestre della Mente

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Forlì, 2008