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Boston, USA

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linea di fuga verso il mare

mercoledì 2 novembre 2011

Sito Ufficiale - Biostoria

Visione a uno/Tutto


1a Nicchia:
Il ruolo storico dell'Osservatore nella costruzione della realtà Multi-Proiettiva
2a Nicchia: L'accoglienza della novità. Il processo creativo e il dispiegamento degli spazi-tempi frattali



Antonia Colamonico. © 2011/2012


Buon viaggio!


 Melograno, metafora del Sito Ufficiale Biostoria: 

  • L'albero del melograno si racconta fosse l'albero della Conoscenza nel giardino dell'Eden. Il suo frutto si mostra come un esempio di costruzione complessa a uno/tutto, distribuito in ambienti separati da una membrana-pellicola. Ogni nicchia-celletta ospita una molteplicità di chicchi e ogni chicco-seme è una trama non estesa di piante future. In tale essere un uno/tutto si presta bene come immagine di una conoscenza multi-proiettiva che si organizza in un complesso a spugna di unità informative (i quanti-echi) e di potenzialità elaborative (le trame-reti storiografico-disciplinari).


Sito Ufficiale - Biostoria

Visione a uno/Tutto


1a Nicchia:
Il ruolo storico dell'Osservatore nella costruzione della realtà Multi-Proiettiva
2a Nicchia: L'accoglienza della novità. Il processo creativo e il dispiegamento degli spazi-tempi frattali



Antonia Colamonico. © 2011/2012


Buon viaggio!


 Melograno, metafora del Sito Ufficiale Biostoria: 

  • L'albero del melograno si racconta fosse l'albero della Conoscenza nel giardino dell'Eden. Il suo frutto si mostra come un esempio di costruzione complessa a uno/tutto, distribuito in ambienti separati da una membrana-pellicola. Ogni nicchia-celletta ospita una molteplicità di chicchi e ogni chicco-seme è una trama non estesa di piante future. In tale essere un uno/tutto si presta bene come immagine di una conoscenza multi-proiettiva che si organizza in un complesso a spugna di unità informative (i quanti-echi) e di potenzialità elaborative (le trame-reti storiografico-disciplinari).


Sito Ufficiale - Biostoria

Visione a uno/Tutto


1a Nicchia:
Il ruolo storico dell'Osservatore nella costruzione della realtà Multi-Proiettiva
2a Nicchia: L'accoglienza della novità. Il processo creativo e il dispiegamento degli spazi-tempi frattali


Antonia Colamonico. © 2011/2012


Buon viaggio!


 Melograno, metafora del Sito Ufficiale Biostoria: 
  • L'albero del melograno si racconta fosse l'albero della Conoscenza nel giardino dell'Eden. Il suo frutto si mostra come un esempio di costruzione complessa a uno/tutto, distribuito in ambienti separati da una membrana-pellicola. Ogni nicchia-celletta ospita una molteplicità di chicchi e ogni chicco è una trama non estesa di piante future. In tale essere un uno/tutto si presta bene come immagine di una conoscenza multi-proiettiva che si organizza in un complesso a spugna di unità informative (i quanti-echi) e di potenzialità elaborative (le trame-reti storiografico-disciplinari).


sabato 2 luglio 2011

Il quanto storico, la finestra ed io.





"Il lavoro della ragione non è affatto quello di inventare concatenazioni, relazioni... è al contrario di fabbricare il neutro, l’indifferente, di smagnetizzare le costellazioni, le configurazioni inseparabili per farne elementi erratici votati poi a trovare la loro causa o a vagare a caso. Rompere il ciclo incessante delle apparenze. Il caso, cioè la possibilità stessa della indeterminazione degli elementi, della loro rispettiva indifferenza e infine della loro libertà, risulta da questo smantellamento. In breve non c'è mai un caso se non quello che noi abbiamo artificialmente prodotto mediante la liquidazione delle forme. Il caso non è mai esistito, soprattutto non nello stato originario che noi gli conferiamo. J. Baudrillard


Biostoricamente parlando, il 1992 segna il capolinea della linearità di lettura, tale data va presa con tutti i riguardi d'espediente mnemotecnico, direbbe B. Croce, cioè solo una comodità, un’azione artificiosa per meglio focalizzare i fatti e localizzarli in una nicchia spazio-temporale, in cui la nuova trama emergendo dal vuoto si fa “ordito” per la tessitura di una pagina storica "voleva definire la nicchia storica da cui emerge la cresta degli eventi che fa da orlo al vuoto di spugna.".

Nessun evento è un isolato spazio-temporale, meglio un accadimento dovuto ad una dea bendata che si diverte a sconquassare le storie private e comuni. Ogni presa di realtà spazio-temporale è il risultato di un radicarsi (mettere radici) di situazioni che si fanno bacino di coltura di quel quid-seme a cui ogni osservatore-storico dà un nome, una data, un luogo che gli fanno assumere la forma topologica di oggetto.

Nell'agosto 1992, isolai il “quanto storico” come il “promotore di vita”, vi arrivai per caso, ero stata a Milano per la correzione delle bozze del mio saggio “Fatto Tempo Spazio” e padre Mario Reguzzoni, l'editore, mi disse che il mio lavoro era molto chiaro sino ad un certo punto, poi si creava un salto cognitivo che lo rendeva incoerente, come una crepa d'illogicità che rendeva confusa la prosecuzione della lettura.

Solitamente quando un altro sottolinea un punto critico di una tesi, lo scrittore sa già che lì c'è una discrepanza, un eco non emerso, un detto non codificato e circoscritto che nella mente riecheggia con movimenti quantistici che non hanno dato ancora un luogo, un nome ad una particella di reale: a me succede spesso che quando mi si fa notare qualcosa su quello che sto scrivendo, quel qualcosa è la sacca di vuoto mentale su cui sto silenziosamente confabulando.

Tornata a casa rivisitai, mentalmente, tutto il mio scritto. Ripercorsi in lungo e in largo tutti i frammenti di quel puzzle che creava la nuova “architettura a finestra del sapere storiografico” e ogni volta il mio occhio-lente mentale si fermava nello stesso punto: il capitolo in cui introducevo l'eco storico.

La stesura del testo era stata un'elaborazione ad occhio multiplo. Avendo già messo a fuoco la quinta dimensione di lettura con il processo dello sdoppiamento delle linee del pensiero e riuscivo a visualizzare dei costrutti multipli, come in Le filastrocche di Spazioliberina, che mi permettevano di lavorare in simultaneità su più registri di memoria, come in un ricamo del sapere.

Avevo, infatti, scritto Fatto Tempo Spazio utilizzando tre quaderni che corrispondevano alle tre parti del lavoro:

  1. L'interazione tra storia-vita e storiografia-lettura come un gioco di disordine/ordine.

  2. La rete storica e la finestra storiografica come rapporto osservato-osservatore.

  3. L'ipotesi di una struttura chiave di periodizzazione ad albero del sapere storiografico.

L'aspetto interessante del modo di procedere nell'elaborazione del testo fu che non seguii la successione temporale, scrivendo un capitolo dopo l'altro, ma con i tre quaderni procedevo in parallelo sui tre piani e li concatenavo utilizzando il “vuoto di parola” come elemento costitutivo della stesura, fatta con voli di visioni analogiche (come spiego nella premessa) che si annodavano, sui 3 piani, come echi di parole-chiavi che mi permettevano di spaziare dalle poesie, alle narrazioni, alle visualizzazioni, alle spiegazioni... (Per comprendere meglio il ruolo del vuoto di significato nella stesura di un tessuto concettuale, consiglio la lettura delle mie poesie “Il filo” in cui introducono il silenzio di parola come parte inespressa interna allo stesso intreccio narrativo.)


In quel procedere a ragnatela avevo disegnato sia la “lente cognitiva a finestra”, che mi permetteva di dare una veste spaziale all'organizzazione del sapere storiografico, e sia la “struttura a rete-campi degli eventi storici” che, assumendo una conformazione a nodi-legami-maglie, si aprivano a molteplici ordini interpretativi, stratificati.

Lo stesso “nodo-evento” poteva aprirsi nella lettura, infatti, ad una complessità d'indirizzi interpretativi ed ognuno era una particolare inclinazione o curvatura della cresta d'evento, con cui veniva superata la mappatura a linea retta del Cellario e l'organizzazione a linee parallele delle discipline.

Il punto critico del mio ragionamento, in quella fase, fu il non aver definito il luogo e il tempo in cui si strappa il vuoto storico e prende corpo la realtà, cioè quel passaggio dal “non” evento, a ”ora” del fatto, come quel “ponte cognitivo” che rende reale un “quid” vitale facendogli assumere la “connotazione storica”.

Ricordo, fu di notte che vidi, con un lampo-luce, il “quanto” che dà il la alla realtà. Il quanto da “cosa” bio-fisica si fece “cosa” storica, come il processo d'emergenza che traccia una strada significante tra: campo dell'ignoto-campo del fatto-campo del detto.

In quell'abbaglio notturno visualizzai la differenza tra un “prima”, un “dopo” e un tempo 0 d'evento come “lacerazione dello spaziotempo e presa di posizione di un quid vitale”.


La cresta d'evento emerge da un nulla di fatto, che oggi chiamo vuoto quantistico, che si veste di realtà assumendo un tempo, uno luogo e un detto: è una gemmazione, un atto di nascita che si manifesta all'occhio osservatore, il quale datando, posizionando e definendo, può trasformare quel “fatto” in un segno-dato storiografico.

Il nodo del legame, piano di realtà-piano dell'immaginato, passa per un'appropriazione e trasposizione del fatto storico che da “quid” non definito, si trasformava in un eco-evento conosciuto che lo stesso osservatore storico, come un'ostetrica, aiuta a fargli assumere la forma di realtà oggettiva: lo stesso osservatore-agente storico cuce la veste, stratificata, di realtà della vita, come in un ricamo dai fili colorati.

Grazie a quella intuizione di quel quasi nulla ho potuto tracciare la struttura topologica di spugna storica/spugna del pensiero, come l'una il rovescio dell'altra.

Lo stesso significato di realtà vincolato al legame osservato-osservatore si poneva come il terzo nodo del legame, l'osservazione, che poteva assumere una molteplicità di forme frattali, in relazione alle ampiezze e mutevolezze dei legami osservato-osservatore.

La mia scoperta dell'intima connessione “letto-lettore-lettura” fu così scioccante che io stessa mi spaventai, poiché andava ad intaccare tutta l'architettura del sapere storiografico e non solo:

  • Il tempo storico è un tempo zero, essendo la storia non una proiezione di tempi ma una de-formazione di spazi, il “tempo lineare” degli storici, entra solo nel gioco di lettura e si pone come strumento o criterio di misura dei mutamenti che segnano le trasformazioni spaziotemporali (cronotopo di A. Einstein) .

Ricordo che in quel periodo seguivo i corsi del gruppo di ricerca, presieduto da I. Mattozzi, per la sperimentazione dei nuovi programmi di storia, e feci notare allo stesso come fosse un errore concettuale organizzare la storia in una semplice successione di tempi lineari, dato che ogni evento è un'apertura di spazio, quindi un “tempo frattale”.

Lui, arroccato nei suoi schemi mentali, tra l'altro non conosceva ancora la teoria del Caos, non mi capì e fece terra bruciata alla mia architettura storiografica a finestre, definendola inutile e caotica.

Smisi così di rivolgermi agli storici e iniziai a confrontarmi con i fisici e i biologi; fu il professore di fisica-chimica dell'università di Firenze, Paolo Manzelli, che per primo, nel 2004 avvallò la mia ricerca, a cui per distinguerla dalla vecchia architettura, avevo dato il nome di Biostoria.

Il silenzio che mi fu dato, si è rivelato la più grande risorsa della mia ricerca; da sola disegnavo, tracciavo, dimostravo il nuovo paradigma dell'occhio-lente eco-biostorico come una bussola cognitiva che costruiva la struttura a spugna di realtà e di pensiero.

L'azione del ricercare è come un fuoco interiore che arde e in tale ardore si crogiola, come una pepita d'oro, la conoscenza, assumendo la forma di polvere concettuale: ero il fabbro nella fonderia della storia, avevo quantizzato tutto il sapere in tante “scaglie di vita” che si prestavano ad essere ordinate e organizzate in una molteplicità di forme-oggetti storici. Trovavo le parole, disegnavo le carte, isolavo le tesi e le dimostrazioni, mi costruivo anche le contro-tesi e testavo il tutto nelle classi con gli alunni, poi verificavo gli appresi e i concetti e limavo, ridefinivo... monitorando le menti-alunni che si strutturavano a frattale con aperture logiche continue. Così tessendo e sfilando la nuova architettura da scheletro vuoto di finestra-nodo-rete, prendeva spessore-corpo a frattale spugnoso con nicchie di pieni/vuoti che si aprivano a geografie complesse.


Quando tutto aveva assunto una concretezza ideativa e visiva, inizia a piccole dosi a divulgare il mio castello “Biostoria”.

Gli anni di solitudine mi hanno dato il gusto della libertà, ma questa era letta da alcuni come una mia chiusura relazionale, la cosa ancora mi diverte, poiché l'organizzazione che è scaturita da una tale topologia a dentro/fuori della storia/pensiero è così complessa, dinamica, interdipendente e plastica che necessita una costante apertura logica che solo una mente aliena al pregiudizio può visualizzare.

La mia costruzione diventa così come una “cartina tornasole” sullo stato di salute cognitiva del mio destinatario che dove essere mentalmente attrezzato per vedere i gradi di enorme semplicità, celati nella complessità sistemica del nuovo paradigma.

Il professore Angelo Rovetta dell'O.P.P.I.di Milano, colui che mi ha scoperta, mi disse quando vide per primo la bozza di Fatto Tempo Spazio: Tu non ti rendi conto di quello che hai combinato con questa finestra, ci vorranno almeno 20 anni perché la gente capisca la grande apertura logica che introduce.

È stato profetico, i 20 anni sono passati e oggi è tutto un fiorire di “finestre e quanti, occhi di lettura e bussole cognitive”.

Antonia Colamonico (biostorica)

mercoledì 6 aprile 2011

Da IL GRIDO... per tutti i morti in cerca di patria.








"... Chi si ricorda più del fuoco ch'arse impetuoso nelle vene del mondo; in un riposo freddo le forme, opache, sono sparse." E Montale


Da IL GRIDO - Antonia Colamonico (biostorica)

" ... - Pronto Don Agostino, sono Alessio, sono a Conca Specchiolla, c'è uno spettacolo da brivido...

Agostino, si apprestò ad uscire, mentre col pensiero scorreva ogni parola di quella telefonata, come i grani del rosario del venerdì.

Lo spettacolo che si porse ai suoi occhi, su quella spiaggia di scogli misti a sabbia, era un film senza colore, come quelli di Rossellini, quando nel dopoguerra proiettava il volto nascosto della guerra.

Altra gente era accorsa, tutto il paese si stava mobilitando, decisero di dividersi in piccoli gruppi e di percorrere la costa, lui si mosse verso sinistra, dove la sabbia prendeva il sopravvento sugli scogli, rubando loro la supremazia. Il cielo era grigio come l'acqua torbida, in cui si intravedevano alghe strappare dal fondale. Certo il giorno prima con quel tempaccio e quel vento di scirocco il mare si era fatto grosso e rumoroso, tanto che se ne sentiva l'eco dalla sacrestia.

Ogni passo si fermava, non distogliendo gli occhi dalla riva, guardava a destra, poi a sinistra e ogni tanto un grido rompeva quel silenzio cupo: - Eccone un altro!

Fu così che apparve, semi sommersa dalla sabbia, quella camiciola bianca che si confondeva con la spiaggia; comprese lo stato d'animo di Noè dopo il diluvio, era un corpicino di bambina di qualche mese.

Gli si accostò senza toccarla, era piccola, piccola e tutta sola in quella veste bianca che una mamma aveva cucito con tanto amore. Era fredda, lo si capiva dal colore, le palpebre abbassate tracciavano una linea tenue e il nasino e la piccola bocca aperta all'ultimo respiro.

Se ne era andata dolcemente, senza disturbare le polizie del mondo con la sua clandestinità di bimba senza identità.

Un vuoto scavò il cuore di Agostino, certo la valle di ossa secche che si mostrò al profeta doveva essere come quella spiaggia, piena di corpi trafugati alla vita, anche lui nuovo Ezechiele si chinò a raccogliere tra le braccia quel corpicino e provò a soffiare l'alito della vita, percependo un lieve tremore a mo di saluto, mentre un carabiniere gli si accostava dicendo: - ne abbiamo raccolti circa ottanta, don Agostino.

Solo allora il pianto, iniziò a farsi spazio nella gola di tutto quello strazio, voluto dai cuori di pietra di tanta grassa civiltà..."

Dedico questa pagina del mio ultimo lavoro, ancora in costruzione, ai morti, anche bambini, di questa tragedia umana legata alla migrazione e che ogni giorno sta assumendo caratteri sempre più tragici. La povertà non si può affrontare con le frontiere e i recinti, non si può impedire ai popoli di essere liberi e di ricercare una migliore condizione di vita. Se si vuole combattere l'emigrazione necessita costruire una Società di Giustizia, la sola in grado di sconfiggere la fame!

Antonia Colamonico


6 Aprile 2011 - Si ribalta barcone oltre 200 i dispersi. Tragedia nel Canale di Sicilia, tra Sicilia e Malta...
2011 Primavera Araba: La Democrazia Planetaria come risorsa per l'Umanità.
Esodo di massa per effetto globalizzazione: Verso la democrazia dell'intero pianeta

sabato 26 febbraio 2011

2011 Primavera Araba: La Democrazia Planetaria come risorsa per l'Umanità.





Antonia Colamonico (biostorica)


Il 2011 sarà ricordato come l'anno della “Primavera Araba” che con un processo a macchia d'olio ha visto il sollevarsi delle popolazioni al grido di libertà e giustizia. Il Mondo Occidentale colto impreparato ha, con una sospensione del giudizio, assistito all'evolversi dei fatti come spettatore passivo su uno schermo.

L'accaduto era prevedibile, poiché con le nuove tecnologie legate ad internet, tutto il mondo è divenuto fruibile e contaminabile:

  • tutto e tutti possono vedere e condividere i modelli storici.

A. Toffler già dagli anni '80 del 1900 aveva previsto che si sarebbe creata una nuova ondata che avrebbe travolto i modi comuni e le logiche lineari industriali. Nel giro di 30 anni si è creata la più grande rivoluzione della storia, paragonabile solo alla Rivoluzione Agricola, attuatasi nella regione della Mezzaluna fertile, che portò da un economia spontanea, nomade ad una di sussistenza, sedentaria.

L'anima nomade è sempre presente come eco indelebile nella mente soggettiva ed è quel senso di inadeguatezza che assale ogni qual volta si ha la sensazione di essere stretti in una morsa di sensi comuni che impongono gabbie a quel essere libero, nascosto nella nicchia più segreta dell'animo umano.

La nascita delle reti virtuali ha globalizzato il Sistema Terra e ne ha fatto una mega-struttura interconnessa, in cui una lieve variazione in un punto X di un sotto-sistema genera una mega-variazione in tutto il sistema universo (effetto farfalla):

  • questa grande capacità perturbativa implica una variabilità delle idee e dei comportamenti, come in un campo magnetico in cui si creano due poli, uno d'attrazione, l'altro d'espulsione. Nascono così i dualismi che generano le differenti ondate di opinioni e di comportamenti, pronte ad addensarsi e a diradarsi.


(manifestazioni in Egitto)

In questo 2011 appena nato, il mondo Arabo, il più tradizionalista delle Società storiche, contaminato dal modello informatico dell'Occidente, sta avviando un processo di condensazione.

La vera protagonista della ribellione è stata la rete che scardinando le logiche di potere ha introdotto una novità storica:

  • l'organizzazione spontanea di civili che si sentono coinvolti in prima persona nel richiedere libertà e giustizia!

Con biostoria è da oltre 20 anni che traccio le linee del mutamento mentale in atto, oltre che storico, parlando di dilatazione della coscienza, privata e collettiva, a sistema uno/tutto, in cui ogni evento assume una profondità e complessità ideativa e immaginativa multidimensionale:

  • Il mondo arabo, oggi, non può essere letto con l'occhiale cognitivo del semplice mussulmano.

  • Si certo il ragazzo, studente, sceso in piazza è mussulmano, ma è prima di tutto un ragazzo che rivendica gli stessi diritti e doveri di un giovane americano o europeo, cristiano o ebraico.

  • È un figlio della rete che smanettando sul suo PC, ha imparato ad essere libero dalle influenze pregiudizievoli di letture unidimensionali.

Quello che sta sfuggendo a molti è che le visioni catastrofiche di invasioni barbariche non sono attribuibili alle menti formatesi sulla logica della interconnessione multimediale.

Nei miei studi intorno all'occhio eco-biostorico, occhio di mosca, ho più volte sottolineato che è cambiato il paradigma cognitivo, per cui tutte le letture tradizionali intorno alle logiche nazionali ed economiche vengono meno. Di qui la distinzione tra uomo vecchio e uomo nuovo.

I giovani arabi scesi in piazza non sono menti vecchie che hanno sviluppato una linearità del pensiero, tipico di un sistema di lettura a libro, ma sono i figli della finestra storiografica che zooma la realtà in tanti campi e sotto-campi di osservazione e in punti e punti di vista. La libertà di movimento dell'occhio si traduce in libertà di pensiero e questa in crollo del pregiudizio.

I ragazzi del XXI secolo hanno una mobilità di occhio-mente che non è superficialità, ma abilità a mutare le angolazioni di lettura e a vedere le gabbie ideologiche, per questo fanno paura alle aristocrazie politiche ed economiche che cercano di tenerli ingabbiati nella precarietà lavorativa.

Stiamo assistendo, grazie alle stesse tecnologie informatiche, alla più grande forma di democratizzazione delle Società. Certo ci sono sacche di deriva, basti pensare alle forme di dipendenze che stanno imprigionando una parte di tanta bella gioventù, ma oggi c'è una consapevolezza nuova che rende trans-nazionali, trans-religiosi, trans-sessisti...

Oggi i giovani stanno sperimentando un nuovo modo di essere cittadino nel mondo, essi sono cittadini dell'umanità e della vita a 360°. Sono fortemente consapevoli che le logiche genitoriali, amministrative, economiche, politiche sono logiche vecchie, decrepite, pregiudizievoli, di qui la loro estraneità e di qui la paura della classe pre-internet che non vuole andare a casa per dedicarsi all'ozio, riconoscendo di essere mentalmente superata.

Come ho affermato nei miei scritti, l'organizzazione della mente ad apertura logica procede più celermente verso l'infinito, è una mente a crescita esponenziale, fortemente dinamica che crea le connessioni logiche a tempo 0. Un pensiero così veloce non può tenere il passo con uno lineare, lento e, cosa più grave, cieco, poiché non sa leggere il campo.


Nel articolo americano del 2005, mostrai come la mente lineare per procedere nella sua indagine sommativa di causa-effetto è cieca al campo, per cui esclude molta parte di realtà che diviene zona d'ombra, area dell'indifferenza. Si spiega così come sia potuto accadere che si facessero affari e trattati di amicizia con i tiranni e non si percepisse il grido di dolore delle popolazioni della sponda Sud del Mediterraneo. Popolazioni che di colpo prendono oggi visibilità, mettendo in forse i trattati stipulati.

L'occhio lineare tipico di una logica tayloristica non vede l'effetto della sua azione sul campo; non associa alla sua azione la risposta di evento e per questo poi nascono i disastri ecologici, le guerre, le povertà endemiche e le ricchezze smisurate. L'occhio uni-dimensionale è tirannico, impianta le gabbie ideologiche con le divisioni e le frontiere tra gli individui, paesi e religioni; crea i vuoti di spugna storica che sono funzionali alla sua egemonia; intesse i clientelismi che rendono schiave le menti; compra per pochi spiccioli le coscienze in vista di miraggi futuri. Un tale paradigma mentale crea la malattia storica, con la sofferenza ideativa, emozionale, operazionale; è un modo anti/umano, anti/storico che frena il sistema economico, rallenta i processi immaginative e rende il piano del futuro distante.

Oggi gli studi sul Tempo, sull'occhio, sulla fisica quantistica... stanno approfondendo l'idea del legame mente/campo come una prerogativa a sistema uno/tutto, in cui nessuna informazione è isolata e perduta, ma tutto si implementa creando le novità storiche. Se anche la società è letta come un sistema uno/tutto, allora le differenze etniche, ideologiche, politiche, culturali cadono e si è un unico sistema in grado di entrare in sincronia e generare l'esplosione delle idee, delle informazioni, delle tecnologie, delle metodologie e in tale complessità si è in grado di bloccare le povertà.

I giovani questo oggi hanno compreso ed è in ciò il significato del tam tam multi-mediatico che crea le manifestazioni di piazza. Gli stati è a tale novità che devono aprirsi se vogliono svolgere ancora un ruolo storico, a tali richieste devono rispondere e lo possono fare solo se si entra in una dimensione a occhio complesso di diritto universale, di giustizia mondiale, di solidarietà globale:

  • nella dialogica individuo/campo entra la dimensione del prendersi cura dell'altro, non più letto come nemico, ma come altra possibilità, altra facoltà, altra competenza che unite alla personali qualità si fanno ricchezza comune.

Il salto di paradigma è già in atto e i giovani questo lo sanno, sono loro il futuro del mondo e i veri custodi della Vita.

venerdì 21 gennaio 2011

Maschio Italiano, addio.





Lo spettacolo a “luci rosse” che stanno offrendo i TG italiani e le varie trasmissioni di opinione, si presenta come il “vaso di pandora”, in quanto si è tolto il coperchio a tutto quel perbenismo di facciata che fa da cerniera ad una logica fortemente maschilista, spiccatamente italiana, nata negli anni '60 dietro al boom edilizio che fece del “mattone” il simbolo sia della ripresa economica e sia, di contro, del malaffare italiano, poi esportato nel mondo.

Sono gli anni in cui Alberto Sordi portò sullo schermo la maschera dell'Italiano medio; medio in tutto e per tutto:

  • Media cultura, media onestà, media fedeltà coniugale, media responsabilità genitoriale, media coerenza alla parola data.



Sono questi gli anni in cui si costruì il mito del maschio italiano, molto apprezzato dalle giovani orde di nordiche che scendevano in riviera romagnola, donandosi a grandi libagioni con sbarbatelli playboy che si facevano usare come torelli da monta: sono gli anni delle prime discoteche; della famosa Una rotonda sul mare; delle corse in automobile decappottabile, come nel famoso film “il sorpasso” con Vittorio Gassman.

Tutta una generazione di maschietti, oggi più che sessantenni, si educò su tali principi che vedevano nell'inganno e nella spacconata una forma di bellezza etica, oltre che estetica.

Certo in quegli stessi anni ci furono maschi che presero le distanze da tali comportamenti, ad esempio un Borsellino o un Falcone. Essi si fecero i portabandiera di un mondo maschile colto, laborioso e rispettoso della dignità della vita, modo fortemente messo alla berlina da tutta quell'impalcatura di “uomini dritti” che riuscirono a zittirli.

Ma il tempo nel suo procedere inesorabile verso i piani nuovi di futuro, mette in crisi ogni forma mentale e sociale, stereotipata.

È la categoria tempo che svela gli inganni e le stupidaggini storiche che si realizzano ogni qualvolta le scelte nascono da una vista corta che apre all'immediato e non al sogno universale. Cosa è rimasto di tanto mito?

  • Le nordiche hanno iniziato ad essere stanche dei piccoli uomini e a disertare le spiagge italiane in virtù di un gusto eco-sistemico che apre alle oasi di pace degli oceani.

  • Il boom economico è il pallido ricordo di un tempo che fu, in cui l'accesso al mondo del lavoro era dietro l'angolo di casa e non erano richiesti grandi saperi.

  • La media cultura si è rivelata una gabbia di grande ignoranza che ha portato le università italiane agli ultimi posti delle società moderne.

  • La media onestà si è trasformata in tangentopoli con le sue varie trame e derive che hanno reso l'economia e la politica italiana schiave delle logiche clientelari di piccoli boss.

  • L'infedeltà coniugale ha dato luogo alla crisi della famiglia tradizionale, con il dilagare delle separazioni e dei divorzi che mostrano come all'inganno non si risponda più con il perdono unidirezionale; tanto che si sta assistendo alle nascite assistite in cui non è più richiesta la figura paterna o materna.

  • L'assenteismo genitoriale ha reso la nuova generazione priva del modello adulto, tanto che molti giovani privi di un esempio positivo hanno finito con l'incanalarsi nella deriva di sé, incapaci di uscire dalla fase adolescenziale.

  • L'incoerenza sistematica sulla parola data sta portando al dilagare del relativismo storico in cui non si sa più cosa sia il giusto e l'ingiusto, cosa sia essere fedeli al compito che va portato sino al compimento, per poi aprirsi al nuovo come impegno storico che rende la vita degna di essere tramandata.

Lo spettacolo pietoso che i bambini italiani stanno vivendo da spettatori inermi è quello di tutta una classe adulta che ha smarrito il senno:

  • del resto come spiegare, se i fatti saranno dimostrati, se non con la follia!

Tuttavia ogni storia ha in sé una morale e da tutto questo “casino” di nome e di fatto, sta emergendo il tramonto del mito di maschio italiano, dello stereotipo di un'epoca in cui il bello è stato identificato con la sopraffazione, con l'abusivismo, con l'inganno.



Ma ogni tramonto apre all'alba nuova:

  • Che sia tutto questo degrado che affiora una bella scarica di adrenalina alle coscienze e faccia assumere una posizione chiara, netta, decisa da poter dire basta, io non ci sto più! Voglio un mondo ossigenato, un futuro più vivibile per me e per i miei nipoti e pronipoti. Voglio seppellire definitivamente queste logiche necrofile e aprire le porte del nuovo millennio alla Società della Conoscenza che si fa Etica della Vita!

venerdì 7 gennaio 2011

Verso una Topologia a occhio infinito della relazione Mente/Mondo



Le Geometrie della Vita nel Salto Eco-biostorico

Indice

Prefazione

I Capitolo:

  • Il nodo vitale oggetto/soggetto storico

II Capitolo:

  • Lo stato attuale della conoscenza

III Capitolo:

  • Il paradigma biostorico e la dinamica dell’occhio

IV Capitolo:

  • La funzione storica dell’osservatore nell’organizzare la realtà
Bibliografia


Prefazione

Gli uomini somigliano al loro tempo più che ai loro padri” - Massima Orientale


Questo lavoro, a seguire l'articolo “Verso una geometria multi-proiettiva della mente”, è una delle prime tappe della collaborazione tra uno storico e un matematico. L'idea di fondere le due competenze è nata sin dai tempi di “Fatto Tempo Spazio” in cui per la prima volta la storia non fu più vista come una semplice narrazione e catalogazione di eventi relativi al passato, ma quale processo di interazione tra soggetti e campi. Tale indagine sistemica si è evoluta in “Biostoria”, in “Ordini Complessi” e in “Costellazioni di significati per una topologia del pensiero complesso”. Il processo di astrazione dalla vecchia storiografia alla biostoria come storia della vita ha prodotto una teoria dell'agente storico, permettendo il salto verso lo studio delle proprietà che una mente in grado di confrontarsi con la vita debba possedere. Come lo studio delle proprietà matematiche dell'agente razionale ha permesso lo sviluppo, ad esempio, della teoria delle decisioni e delle varie teorie economiche; così ci auspichiamo che un studio matematico dell'agente storico, porterà ad una Scienza della Vita. In tal senso questo lavoro rappresenta un passo verso il delineare un terreno di coltura comune alla biostoria e alla matematica.


Bari, 23/12/2010


Gli autori.


Buona lettura.


___________

L'occhio Eco-Biostorico: il nuovo Paradigma.



Centro Studi di Biostoria - Palestre della Mente

Il Filo S.r.l.
Via S.no Ventura 47|d
70021 Acquaviva F (BA) -Italy


Amministratore Unico
Dr. Marcello Mastroleo

Forlì, 2008