di Antonia Colamonico (biostorica)
Rileggendo con occhio biostorico la Lettera ai Romani di Paolo di Tarso, emerge una sfumatura di significato che merita di essere approfondita: il senso del peccato!
Risulta interessante constatare che alle origini del cristianesimo ci sia una visione molto evoluta di dinamica storica, almeno per chi, come me, è allergica al concetto-preconcetto di peccato, che le fa tornare alla mente i roghi e la caccia alle streghe; i dualismi di società tra buoni e cattivi; i sensi di colpa, utilizzati spesso per impedire la libertà di scelta dell’individuo…
Paolo, il padre della democrazia moderna, pone un dualismo interessante tra il credente e il non credente basato sulla atto di fede.
Il peccato consiste nel non credere in Dio, come il non riuscire ad abbracciare la logica di Dio, la visione di Dio, la gioia di Dio. Quindi il peccato di cui parla non è tanto un’azione in sé, quanto un abito mentale, un sentimento:
- il non riuscire ad aprire il cuore e la mente a Dio! Il non riuscire ad affidarsi/fidarsi di Dio!
Il credente è il giusto, meglio colui che è nel giusto, precisa anche che Abramo non fu ritenuto giusto da Dio per le azioni, ma per aver creduto.
Il non credente è nell’ingiustizia-menzogna. È nella falsità che lo fa peccare cioè sbagliare.
Il rapporto di giustizia/ingiustizia si gioca tutto intorno al riconoscere o non riconoscere il legame Dio/uomo, inteso come il rapporto creatore/creatura; di qui la giusta/ingiusta relazione-direzione.
Paolo allarga lo sguardo a tutta l’umanità e supera le chiusure ideologiche del tempo, ponendo le basi della attuale visione di universalità che fa riconoscere pari dignità a tutte le genti.
- La radice che crea la differenza è tutta nell’ammettere la dipendenza, di quella che poi si fa figliolanza: essere figli di Dio!
La visione di peccato in tale accezione è quindi quella di un’idea male indirizzata, cioè che segue una direzione sbagliata dello sguardo. La direzione è l’inclinazione che assume nello spazio-tempo la spugna storica, come dinamica uno/tutto della vita.
Si immagini una quercia con dei rami che si allarghino a chioma, verso il cielo. Occupare un pezzo di cielo non è secondo una forma rigida, obbligata; ma è il risultato di una dinamica comunicativa tra il ramo, la sua crescita, le altre piante, il gioco di luce/ombra, la ricchezza di sostanze del suolo, ecc.
Se la collocazione-occupazione dello spazio è condizionata a dei fattori contingenti che rendono dipendente la crescita della quercia, allora questa, in relazione al rapporto che saprà tessere con il suo habitat, avrà più o meno possibilità di crescita.
Ritornando al senso del peccato, secondo Paolo, esiste un senso giusto ed uno sbagliato nella dinamica relazionale creatore/creatura. Esiste cioè una dualità di scelta nell’indirizzare l’azione storica che condiziona la futura dinamica evolutiva di tutto il sistema uomo.
Allora scegliere la direzione A (credere) o quella B (non credere) non ha un medesimo significato; nella scelta l’apertura della cresta storica potrà restare contratta o allargata, potrà avere più vuoti o più pieni di vita. Il pieno/vuoto della spugna storica sono le dinamiche che hanno o non hanno avuto seguito.
In tale senso si può aprire una bella trattazione sul rapporto verso di lettura/dinamica evolutiva della storia. In altre pagine ho posto in luce come da un punto di vista biostorico ci sia uno stretto legame tra direzione dello sguardo e costruzione delle azioni umane:
- se si ha il culto del passato o del futuro, cambiano automaticamente le mentalità e i giudizi che rendono virtuose/viziose le azioni storiche!
Un occhio attento a perpetuare gli stati di passato, sarà tradizionalista, autoritario, poco incline ad accettare il cambiamento che verrà valutato come errore. Mancanza di rispetto. Si pensi alle società agricole, patriarcali.
Se invece si predilige il futuro, si sarà più tolleranti, disposti a mettersi in gioco, ad accettare la critica, a dialogare con il diverso, per apprendere cose nuove, ecc.
Nel tempo le due organizzazioni storiche daranno due differenti forme storiche:
- La prima sarà bloccata nella crescita, poiché per assenza di nuove idee, soffrirà di asfissia.
- La seconda si evolverà e amplificherà dando spazio al nuovo che mescolandosi con il già acquisito darà maggiore spessore alla vita.
Se la dinamica storica è fortemente vincolata al modo d’indirizzare lo sguardo, allora Paolo introduce una argomento estremamente interessante circa la possibilità di accrescere o ridurre la possibilità di vita.
Se l’uomo crede, mette in atto una dialogica con Dio che lo porterà ad amplificare la sua conoscenza. Entrare in comunicazione con la logica di Dio, significa sdoppiare la propria logica e imparare a vedere sotto molteplici punti di vista le portate degli eventi, per selezionare quel evento, che poi si farà realtà, più idoneo alla vita.
Se l’uomo negherà Dio, egli diventerà prigioniero della sua stessa osservazione che si farà fonte di egoismo. Di conseguenza il peccato è il verso uni-direzionale che viene dato alla storia. Da tale miopia, nascerebbero i vizzi, come dei cicli viziosi che rendono l’uomo prigioniero di se stesso.
- Lascio questa riflessione a quanti abbiano voglia di mettersi in gioco!
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