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Boston, USA

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linea di fuga verso il mare

giovedì 6 marzo 2008

Il Nuovo Umanesimo quale nuova stagione per la Scuola

di Antonia Colamonico


Siamo di fronte ad un salto epocale, in cui il mondo si fa sempre più piccolo e nel contempo sempre più grande. Più piccolo poiché la scena della storia è sempre più un unico grande villaggio, in cui riecheggiano e ribalzano da un capo all’altro le idee, le metodologie, le aspettative e le difficoltà che intrecciandosi creano bisogni e modelli di vita comuni. Più grande, poiché in questa megastruttura, prendono corpo le differenti identità locali che chiedono di esercitare un ruolo importante nelle dinamiche economiche, politiche, culturali generali.

Osservando con una lente allargata la scena storica si nota come essa stia prendendo la forma di una grande rete di nodi interconnessi in cui ciascuna identità-nodo assume il doppio ruolo di centro/periferia del mondo.

Essere centro/periferia insieme è la chiave di lettura che permette di evolvere le difficoltà in convenienze, le povertà in occasioni di opportunità. Per questo è importante parlare di stagioni della scuola, poiché il termine stagione implica l’accettare una visione dinamica della vita che, nel procedere del tempo, possa aprirsi al cambiamento.

Esiste un tempo per vivere e un tempo per morire; un tempo per costruire e un tempo per distruggere. Ora la domanda da cui partire è:

  • quale tempo è questo per la scuola e, in senso più ampio, per la società?

Certo non sembra questo un tempo felice. Si direbbe che qualcosa si sia rotto nel gioco della vita civile, c’è una scollamento tra la società adulta e quella giovanile come se fossero due meteore che nel loro viaggiare verso l’ignoto si allontanino sempre più. Ma in questo stato di disagio urge assumere, nei confronti della realtà storica e sociale, una posizione netta, decisa per capire cosa siamo, da dove veniamo e dove andiamo.

È questo il tempo della presa di coscienza che alcune linee ideologiche poste nel passato, indipendentemente dalla collocazione a destra o a sinistra, sono decisamente superate. L’intero sistema di certezze su cui si è costruito negli anni ‘70-‘90 sta mostrando una molteplicità di crepe, tra queste quella che fa apparire la stessa scuola di massa come una scuola di non democrazia.

Ci sono stati gravi fraintendimenti che hanno portato a confondere il diritto allo studio, sancito dalla nostra costituzione, con il diritto ad essere omologati in una identità di gruppo che non avendo saputo salvaguardare le identità personali, ha finito con l’annullare le responsabilità civili e culturali di ciascuno.

In nome di una falsa uguaglianza si è negato il diritto di essere semplicemente se stessi, il diritto di essere un’identità consapevole e aperta al dialogo. Il passaggio dalla scuola d’elite alla scuola di massa ha innescato un processo di massificazione delle conoscenze che, sminuite nel loro significato profondo, hanno mostrato tutta la stupidità di un sapere confezionato in serie in cui le vecchie forme di analfabetismo e di emarginazione si sono intrecciate con gli analfabetismi di ritorno. A tale difficoltà cognitiva che ha sminuito il significato della scuola, si dovrà urgentemente porre rimedio, partendo da una constatazione di fondo che non esiste un sapere da trasmettere, bensì uno da costruire.

La conoscenza non è un dato come una forma finita che possa essere ceduta da un docente ad un discente, ma un appreso, quale scoperta privata che richiede la partecipazione attiva di chi compie l’azione del prendere e nel saper prendere assume coscienza di sé come soggetto consapevole delle sue capacità a saper organizzare in definizioni di senso la realtà. Dare senso-direzione alla conoscenza è la meta dell’azione educativa. In questo nodo semantico di dato/preso si giocherà il futuro dell’organizzazione scolastica che aprirà al nuovo umanesimo, in cui le discipline si porranno non secondo l’antica dicotomia tra un sapere scientifico e uno umanistico, ma come una rete di nodi che si irradiano in una molteplicità di costruzioni disciplinari, intersecanti che danno forma frattale alla conoscenza.

Il salto epocale precedentemente indicato si pone come un salto cognitivo che porterà ad un’organizzazione delle conoscenze a sistemi di significati complessi in cui le stesse conoscenze si posizioneranno come nodi semantici di confine/svincolo, in grado da un lato di delimitare i sensi, circoscrivendo i campi d’indagine e dall’altro di aprire i significati ai campi nuovi, creando sempre novelle forme di consapevolezze. È quel gioco di centro/periferia precedentemente posto che fa fare il salto di qualità da semplici consumatori di informazioni a creatori di informazioni.

Se la conoscenza è una conquista personale che parte da un bisogno interiore che fa assumere l’impegno dell’esplorazione, allora la scuola dovrà elaborare un nuovo significato a giustificazione del suo persistere nella storia.

Necessita un salto di prospettiva, come un cambio di direzione dello sguardo, da una occhio che legge il passato, per perpetuarlo negli stati di presente, ad un occhio che sa guardare nel futuro per anticiparlo negli stati di presente.

Anticipare il futuro richiede una grande capacità di lettura, poiché si passa da un sistema chiuso di eventi certi e compiuti, ad uno aperto in cui tutto può risultare il contrario di tutto. Il cambio di direzione dello sguardo implica la capacità a saper giocare con l’incertezza e leggerla come la forza creatrice del miglioramento privato e collettivo. Si può facilmente comprendere come il compito della scuola oggi non è quello della semplice trasmissione acritica dei saperi disciplinari, ma è quello di offrire delle situazioni di apprendimento, come una palestra della mente che sia in grado di:

1. Aiutare i ragazzi ad organizzare un piano cognitivo ed emozionale personale per saper affrontare le sfide della complessità

2. Offrire agli studenti occasioni di acquisizione dei saperi e dei linguaggi, favorendo l’autostima con relativa autonomia nell’azione del ricercare.

3. Sostenere il pieno sviluppo della persona umana che porrà lo studente al centro dell’azione educativa, facilitando l’acquisizione di una capacità decisionale che gli permetterà di essere centro/periferia della relazione storica.

4. Organizzare la classe come una rete uno-tutto, per salvaguardare il singolo e il gruppo nell’ottica dello star bene insieme

5. Insegnare ad esplorare i grandi oggetti della conoscenza come la vita, la natura, l’universo, il corpo, la mente, la storia, la religione, la scienza ecc. per trovare la collocazione e il significato storico-culturale.

6. Diffondere i valori di una umanità integrata nella natura e non nemica della natura, per aprire le menti ad una nuova visione di solidarietà che si ponga come una speranza per tutti e non per i più fortunati, i più furbi, i più raccomandati.

7. Promuovere i saperi del nuovo umanesimo, imparando il valore del limite che permette da un lato di ridimensionare il proprio ego, dall’altro di attuare il salto verso uno spazio più ampio che implichi la presenza dell’alter. In questo incontro dell’io con il tu la storia si fa dialogica della vita e si compie come democrazia.

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