(Antonia Colamonico, da Ed Altro, in Le stagioni delle parole. Bari, 1993)
Uno strano silenzio invadeva la stanza. Una luce ovattata filtrava dal bianco della tenda. Franca si girò nel letto, aprì gli occhi e li richiuse. Percepì il calore del corpo e il gelo della fronte. Si rigirò, mise fuori una mano, riaprì gli occhi e lesse l’ora. Sbadigliò e si mise seduta.
Dall’altro lato del letto, Roberto dormiva ancora, accovacciato tra le coperte. Egli si affidava completamente a lei che ogni mattina era pronta a svegliarlo tra l’odore del caffè e le note della radio in bagno.
Il gelo della stanza si impossessò del suo calore, svegliandola del tutto. Si infilò le pantofole e si alzò. Di colpo percepì qualcosa di insolito. Non riconosceva i rumori delle auto sulla strada e le voci dei ragazzi che si avviavano, lungo i bordi dei marciapiedi, verso l’Istituto Commerciale.
Sembrava che il risveglio di quella mattina di fine marzo fosse stato, chissà da quale mano, avvolto in uno spessore di silenzio. Si mosse verso la finestra e guardò tra le persiane socchiuse. I suoi occhi stupiti, fissarono delle lenzuola bianche che avvolgevano i tetti delle case, le strade, le auto parcheggiate, i rami e le insegne.
Un passerotto volava basso tra fiocchi di farfalle che lo appesantivano. Sembrava ad ogni battito d’ala che stesse lì, lì per precipitare, poi, con fatica riprendeva quota, per poi riprecipitare. Un’emozione la invase, come quando da bambina suo padre la portava sulle montagne russe. Spalancò la finestra e uscì con la sola camicia sul balcone. Una folata di neve la investì, bagnandola tutta. Si piegò, raccolse una manciata bianca e rientrò, tremando, sotto le coperte.
Roberto percepì il freddo che scivolava lungo la manica del suo pigiama. Sveglio si toccò e si volse verso Franca. Una luce nuova aveva messo in ombra la donna attenta che da sempre gli incuteva una certa soggezione, lasciando spazio ad una bambina impertinente che leccava con gusto, sulla sua manica, quella manciata bianca.
Egli all’istante decise che la sua Gaia sarebbe stata con quegli occhi e quel sorriso e, per una volta, lui prese l’iniziativa. Attirò a sé Franca e le bisbigliò in un orecchio. La donna finì di mangiare l’insolito gelato, si sistemò la camicia bagnata, mandò indietro la ciocca di capelli che le copriva la bocca e con gravità mise fine all’attesa di Roberto.
Gaia nacque durante le vacanze di Natale, mentre fuori delle lenzuola bianche avvolgevano i tetti delle case, le strade, le auto parcheggiate, i rami e le insegne.
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