parole.
poi...
Biohistory of Knowledge - La complessità della vita richiede un occhio di lettura caleidoscopico, in grado di leggere nel disordine l'ordine. Campi di ricerca: le dimensioni di lettura, l'architettura di una visione a campo profondo, la costruzione di un pensiero pluridimensionale.
(da Ed altro in Le stagioni delle Parole. 1994.)
Ci sono cose e cose. Cose per le quali vale vivere. Cose per le quali vale morire. E, poi, tutte le altre per le quali non vale niente.
Elena lo capì guardando negli occhi, quel quanto indivisibile d’uomo che con un sorriso azzurrino stava elaborando la solita scusa per fare tardi la sera. Il suo dire perdeva a poco, a poco senso e il suo corpo acquistava un nuovo spessore.
Liberata dalle vocali, sillabe e consonanti che la strutturavano in un complesso d’artefici, la sua nudità emergeva pallida e informe, come spettro di cosa che non riusciva a fondersi in quel insieme di fonemi.
Elena seguiva l’evolversi dei suoni e il suo occhio come un bisturi tagliava una parola, un riflesso, un sorriso e via, via che incideva, la gabbia si sfaldava rivelando il primordiale. Finita la sua operazione, anch’egli smise di parlare. Si guardò le unghie della mano destra, sistemò un sopracciglio e un sorriso giallino di compiacenza apparve per pochi attimi in quella bocca leggermente socchiusa che lasciava, volutamente, intravedere il biancore degli incisivi.
Era un esemplare maschio di uomo decisamente ben fatto, con una muscolatura forte e una criniera salda e ricciuta. Anche il suo torace era cosparso di pelo che si intravedeva dalla camicia. Era nelle sue movenze un che di primitivo e di felino.
Ecco - si disse Elena - una cosa per la quale non vale niente.
I ciliegi nascondevano nel bianco i rami, quegli stessi rami che tra poco più di un mese si sarebbero ricoperti di verde e di rosso. La fioritura di quei campi le ricordò la sua terra e il profumo delle zagare che non ti lasciava.
Agata, riprese a leggere: - d’adulti si è come a sei anni. A tale età si raggiunge lo stato d’equilibrio della fase infantile che permette di essere intraprendenti e fiduciosi verso la vita.
Guardò di nuovo fuori dalla finestra verso la campagna.
La nostra epoca atea - pensò - ha sostituito i confessori con gli psicologi, introducendo un nuovo rapporto di sudditanza, basato sulla scienza.
I suoi occhi fissi al di là del vetro di quella finestra che delimitava il suo spazio vitale, intravidero lo spaccato di infinito. L’azzurro del cielo era qua e là interrotto da bianche nuvole informi che aspettavano di essere definite.
Si rivide sulle dune con i suoi fratelli rincorrere velieri, greggi, montagne di gelato, volti bonari. Quante volte avevano giocato a tuffarsi verso l’alto e i loro cuori si erano sentiti incantati dalle incognite del domani.
C’era un qualcosa racchiusa in quella struttura quadrata di legno e vetro che la fissava. Come un non detto che voleva interferire nella sua azione di lettura, impedendole di proseguire: - dallo studio dei comportamenti nelle situazioni di gioco è possibile costruire l’immagine adulta.
Di nuovo, Agata si fermò. Si sentiva chiamata da un occhio che non voleva restare assente.
Un occhio che la fissava da quella trasparenza e la costringeva ad alzare il capo.
Quella calamita evanescente che si riempiva di immagini di cielo in un attimo catturò tutti i raggi del suo campo e li riflesse, amplificati, nella piega del suo cuore e con seta cucì in un insieme quelle frazioni di vissuto con quel intero di Eternità.
Intorno si era fatto silenzio grave e tutto si era fermato.
Nota autrice.
La raccolta di poesie e racconti le filastrocche di spazioliberina ed altro è stata scritta nell’arco di due anni, tra la primavera del ‘91 e la primavera del ‘93. Si presenta come un insieme frammentato di emozioni, pensieri, percezioni che piano, piano disegnano una nuova coscienza, la quale va ad inserirsi, inconsapevolmente, nella corrente di pensiero che fa capo al postmoderno.
Il punto di partenza è la coscienza della grave crisi di valori, seguita al crollo delle ideologie e dei miti del ‘900 e dalle ceneri di un’identità frantumata prende corpo una nuova soggettività che vuole rivendicare quegli aspetti dell’io, negati nella società di massa, come l’aspirazione d’infinito, la libertà del singolo, la capacità di sognare e di progettare una realtà di amore.
La scoperta del disordine del vivere, quale impossibilità per l’uomo a programmare nei dettagli il futuro, evidenzia la presunzione di chi ha creduto di poter ordinare la società secondo una visione univoca e di conseguenza autoritaria.
Il caso, inteso come l’imprevisto che ci governa, porta alla scoperta del tu, quale altro da sé che può insegnare con la sua diversità e univocità un modo nuovo di essere uomo. La scoperta del limite riconduce a Dio; un Dio che nel racconto la finestra entra nella Storia.
Attraverso un gioco d’introspezione che a volte ha del paradosso, la raccolta giunge alla riscoperta della semplicità quasi fanciulla dei detti, dei sentimenti e dei comportamenti. Semplicità che in un sistema fortemente strutturato ed irrigidito in schemi sempre più complessi, come quello Occidentale, è impersonata dalla protagonista, spazioliberina, non a caso donna e custode della maternità e continuità della vita. Ed è proprio lei, donna e madre, ad aiutare il suo strutturato spaziostretto (... un po’ uomo, un po’ bambino...) a ritrovare la dimensione del sogno, del gioco e dell’amore.
La raccolta, pur essendo unico il filo del racconto, si divide in due parti, le filastrocche e i racconti, scritte in due momenti diversi. Esse corrispondono a due differenti stili linguistici.
Alla base della nuova mappa gnoseologica, biostorica, si possono individuare tre concetti chiave: il senso dell’ordine, la complessità della realtà, la zona d’ombra.
L’ordine è il modo naturale d’evolversi di un organismo nello spazio-tempo, in tale processo di divenire si consuma la sua storicità. L’ordine presuppone una direzione di futuro e una traccia di passato, il passato-futuro implicano, a loro volta, la memoria che dà identità, nome a quel reale.
Ad esempio l’ordine è il processo che fa di un seme un albero, di un neonato un uomo, di una larva un verme, di un girino una rana, di un cristallo una roccia… nel processo di divenire che possiamo chiamare biostorico: il seme, il neonato, la larva, il girino, il cristallo hanno in sé l’informazione del soggetto adulto che poi diventeranno. Tale informazione è il senso dell’ordine che permette il divenire della storia.Esso è funzionale alla permanenza della vita o meglio di una particolare forma o modo di vita.
Alterando l’informazione-senso-direzione dell’ordine, automaticamente si creerà una vita nuova. Si spiegano così i grandi mutamenti che danno morte-vita alle differenti forme cosmiche.
Definito l’ordine come il valore vitale, si può provare a comprendere cosa si intenda per complessità: la complessità è la dinamica dialogica che nasce nell’insieme campo-organismo, intendendo per campo la sacca-nicchia biostorica che permette di mantenere in vita l’organismo e per organismo l’individuo-soggetto biostorico che viene forgiato, modellato dallo stato della sua stanza biostorica.
La complessità è il risultato di una convivenza, di un coabitare tra uno spazio-tempo contenitore che possiamo ad esempio chiamare cielo e uno spazio-tempo contenuto che possiamo chiamare nuvola o famiglia-bambino o bosco-albero o prato-erba o pensiero-idea o sentimento-emozione …
Il coabitare rende fortemente dinamico il rapporto che è sempre soggetto alle perturbazioni di evento, come risposte vitali alla dinamica dei campi storici.
La complessità è il modo naturale dello stare insieme dell’universo dall’infinitesimo piccolo all’infinito grande. Tale campo tutto possiamo chiamarlo biostoria, come il tempo 0 dello spazio.
In natura non esiste la semplicità, ma semplicemente dei gradi differenti di complessità. È importante comprendere tale errore concettuale che per secoli ha fatto chiamare la complessità, disordine, confusione… in nome di un determinismo semplificatore che aveva privato il soggetto del suo campo-nicchia vitale e la nicchia del suo individuo.
Pensate ad un bambino senza l’interazione con la sua famiglia; ad una rana senza il suo stagno; un pianeta senza la sua stella o una stella senza la sua galassia… Tale bambino, rana, pianeta, stella possiamo definirli di carta; poiché solo sulla carta possono esistere degli organismi privi del proprio contesto vitale. Le carte sono oggetti-strumenti di lettura e quindi astrazioni che riducono la realtà ad un’immagine che non è la realtà in sé.
Se la vita è la dinamica dialogica tra un contenuto-contenitore, tra un dentro è un fuori, i metodi di lettura tradizionali, lineari e unidirezionali, non sono più sufficienti a garantire la permanenza della vita. Nelle letture classiche l’occhio si focalizzava solo su una zona di dinamica evolutiva e perdeva le interferenze di evento, come ricaduta di effetti. Il non leggere le ricadute di fatto ha azzerato le capacità di gestione delle dinamiche evolutive, poiché non si sono registrate le modifiche a campo allargato. Si è quindi innescata una cecità che ha attivato una molteplicità di problemi non risolti.
Siamo, oggi, di fronte a quello che gli storici, chiamano la grande catastrofe ecologica e allora occorre attrezzarsi di nuovi occhiali per leggere a occhio sdoppiato le ricadute di evento su tutto l’insieme campo-organismo e imparare a ideare degli interventi di riequilibrio degli stati vitali.
Occorre quello che nei miei studi definisco l’occhio di mosca. Un occhio che sappia organizzarsi a più lenti-fuochi di lettura e che sappia leggere a 360°; zoomare i gradi di complessità; anticipare gli eventi futuri e rispondere agli imprevisti: in poche parole scegliere la vita come valore.
Per far questo, necessita evitare di cadere nell’errore della cultura classica che aveva identificato il piano di lettura con la realtà; il fotogramma limitato di un’osservazione, alla dinamica molteplice della vita, rendendo così le letture assolute e i processi vitali chiusi.
È bene precisare che il piano di realtà e il piano di lettura implicano uno scarto spazio-temporale che implica una successione temporale, come un prima e un dopo e quindi non si possono identificare come un'identità.
Una cosa è vivere, altra cosa è leggere. L’occhio di lettura biostorico possiamo definirlo uno sguardo-lente che permette di osservare e interpretare la realtà a campo profondo. Nella realtà c’è sempre un qualcosa che va oltre la sfera dell’occhio e questo è il limite gnoseologico dell’uomo: per quanto egli possa affaticarsi a conoscere c’è sempre un lato buio di vita, una zona d’ombra, un effetto carsico che cresce in proporzione alle letture.
Tale zona d’ombra è l’area dell’incognita, del non letto che ha un ruolo storico, dell’imprevisto che sconvolge e ridimensiona continuamente le nostre vite. Imparare ad interagire con l’incertezza per essere funzionali alla gestione dell’alea, dell’inatteso che apre spazi nuovi nella dinamica storica è la sfida in atto. L’occhio biostorico attrezza a tale tipologia di lettura.
Lo studio in una classe scolastica, ad esempio, fa misurare il gruppo di allievi:
Visione a uno/Tutto Antonia Colamonico Lo sguardo biostorico tra echi di realtà e tempi 0 Saggio a nido-nicchia 1a Nic...