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Nel prologo a L’Universo Sapiente il fisico G. L. Schroeder (2002), interrogandosi sulle origini dell’organizzazione della vita, dice: - Ogni particella, ogni essere, dall’atomo all’essere umano, sembra contenere al suo interno un livello di informazione, di intelligenza consapevole… l’idea che all’origine dell’esistenza vi possa essere un elemento non fisico come l’informazione o l’intelligenza non sminuisce in alcun modo gli aspetti fisici delle nostre vite.
L’informazione sembra, alle soglie del terzo millennio, avvolgere l’umanità, come alghe profonde e stratificate in un oceano, da cui l’uomo, nella sua piccolezza infinitesimale, sembra non riuscire a venirne a capo. Essa, oltre ad aver invaso l’economia, la politica, la vita quotidiana, le strade, gli scaffali dei supermercati, i telefonini degli studenti; inizia la sua scalata alla materia, al pensiero, alla stessa costruzione profonda della vita (Lwoff, 1974).
L’informazione da semplice dato che mostra all’occhio osservatore la presenza di un quid, si sta trasformando essa stessa in organizzazione di realtà, poiché a tutti i livelli esplorativi si coglie la presenza di un filo-codice che entra nelle maglie organizzative delle differenti identità storiche. La scoperta di una complessità informativa a più livelli soggiacenti di spazi-tempi, sta di fatto rivelando la molteplicità del reale, con la messa in discussione delle certezze, elaborate nel corso degli ultimi cinquecento anni dalla Cultura Occidentale e non solo.
Volendo provare, con un processo neghentropico, a risalire tale groviglio di flussi semantici e organizzativi, per cercare di comprenderne l’ampiezza storica del fenomeno informazione, si poterebbe partire dalla constatazione di una profonda crisi nel rapporto osservato-osservatore che sta portando ad un ribaltamento nelle logiche di lettura dei processi (Morin, 1993). Ribaltamento dovuto allo sconfinamento, come un’interferenza-rumore, tra chi guarda e chi è guardato; tra chi legge e chi è letto. Per comprendere meglio il salto di paradigma in atto, bisogna precisare che la scoperta della complessità informativa va posta in relazione a quattro campi di riflessione.
1. Il dinamismo della vita, non può essere imbrigliato in una carta di lettura
Le carte-mappe sono solo dei modelli interpretativi che servono a facilitare l’esplorazione del territorio, ma non sono il territorio. Esse sono relative alla sfera topologica, il territorio alla dinamica vitale. La cartina di una città non contiene la vitalità della città, per cui la si può definire solo una riduzione in scala semplificata, funzionale all’azione di conoscenza e d’esplorazione (Rosenstehl, 1981). Ma, se le carte sono solo modelli di lettura della realtà e i modelli costituiscono la medesima conoscenza, provando ad ideare carte nuove, automaticamente si cambierà la visualizzazione sulla medesima realtà: effetto caleidoscopio (Colamonico, 2002).
Tale mobilità di lettura si comprende meglio se essa è posta in rapporto alle scale di osservazione e alle stesse dimensioni di lettura.
Per cogliere l’influenza delle dimensioni, nella stessa osservazione, si ripensi ad esempio al problema della mano di marmo di E. Kant, in cui Il filosofo, a fine settecento, si chiedeva se, essendovi nell’universo solo ed esclusivamente una mano di marmo, sarebbe stato possibile affermare a priori se essa era una destra o una sinistra. La difficoltà a dare una soluzione per Kant era legata al fatto che le mani, destra e sinistra, sono tra di loro speculari (uguali ed opposte allo stesso tempo) e l’uomo impara a riconoscerle mediante confronto. Ma nell’ipotesi in cui la mano fosse stata l’unico oggetto dell’universo, con cosa la si sarebbe potuta confrontare?
La soluzione a tale enigma fu data dai matematici dell’epoca nei seguenti termini: due oggetti speculari appartenenti a uno spazio n-dimensionale (nel nostro caso n = 3), rivisti in uno spazio di dimensione superiore (n + 1 ad esempio) possono essere trasformati l’uno nell’altro, mediante una rotazione nella nuova dimensione. Si pensi, ad esempio, alle pagine di un libro (oggetti bidimensionali) in cui i numeri sono scritti in basso a sinistra per la pagina sinistra; a destra per quella destra; anche la disposizione del testo è speculare tra le due pagine, rispetto alla rilegature del libro. Ma basterà sfogliare (rotazione intorno alla terza dimensione) il libro per far sovrapporre i margini delle pagine destre con quelli delle pagine sinistre. Allo stesso modo ruotando la mano di marmo nella quarta dimensione, essa diventerebbe, indistintamente, destra e sinistra, a nostro piacimento (Banchoff, 1993).
2. L’inadeguatezza della scienza, mostra/nasconde parti del tutto
Essendo la scienza stessa carta di un territorio, essa apre ad alcune visualizzazioni di realtà e chiude ad altre (Maturana,1993), in quanto il processo di lettura si pone come la capacità di rendere isola parti di un tutto, che poi diventeranno l’oggetto di studio.
L’isolare gli osservati, fa sì che vengano scissi i legami che rendono rete-tutto la realtà; per cui si può affermare, con un occhio biostorico, che la realtà è un insieme di letti-non letti, di esperiti-non esperiti. La conoscenza si pone in confronto ad essa, quale gioco di luce/ombra che per mostrare parti di realtà ne nasconde, automaticamente, altre; le parti tuttavia restano tra di loro in rapporto (rete tutto), indipendentemente dall’occhio osservatore, ed è il loro essere in rete, che mette in crisi le letture, ponendo le alee quali non attesi o non previsti, che possono inficiare la lettura stessa.
Il campo isolato a sua volta si pone in relazione al fuoco di lettura; allo sguardolente con cui l’io osservatore va ad espletare l’azione di costruzione delle mappe di realtà; ai codici-linguaggi-grammatiche elaborati.
Nell’Albero della Conoscenza di Maturana e Varela (1992) è posta la differenza tra una mappa e una rete. La mappa è relativa ad una lettura di dinamica e si pone come un occhio esterno che osserva e trascrive i movimenti; mentre la rete è la dinamica stessa, come l’insieme dei nodi comunicativi, interni al processo vitale, con cui un reale si organizza nel tempo-spazio. Scaturisce da ciò che la lettura è semplicemente una ricostruzione di un movimento organizzativo che, per essere letto, deve essere fermato (fotogramma).
3. L’occhio di lettura condiziona le medesime rilevazioni esperite
La realtà esperita subisce una deformazione in funzione, ad esempio, della convergenza degli occhi o del punto cieco di lettura dell’osservatore. Ad esempio l’occhio-mente uomo visualizza una realtà differente dall’occhio-mente mosca o gatto (Hubel, 1989). Lo stesso spazio acquisisce le dimensioni di chi l’osserva: a tre è dell’uomo, a due è della rana. Ma cosa sia la stessa realtà nella sua essenza è da ridefinire, in quanto la vecchia visione definita oggettiva e assoluta, era il frutto di una separazione tra l’osservato-osservatore-osservazione che di fatto si pongono in relazione, come: il piano lettore (colui che legge), quello del letto (colui che è letto) e infine quello di lettura (ciò che viene letto, come insieme di informazioni di significato).
Bateson (1977) legge la realtà, con un occhio eco-sistemico, quale frutto di una negoziazione (= azione di negozio-mercatura), o meglio di un processo di eco-inter-azione quale dinamica di percezione-visione-elaborazione-ambiente-manipolazione. La realtà, per lui, è nella stessa dinamica e non più negli oggetti/soggetti che stanno di fronte, si spiega così il valore che la stessa informazione inizia ad assume nella costruzione del reale, in quanto essa stessa è la realtà.
4. L’organizzazione vitale è informazione (= azione che in-forma = rende forma)
La vita in una dimensione eco-biostorica (Colamonico, 1998), è un processo di perturbazione tra un io-campo, inteso come il legame individuo-organismo/nicchia-sacca che lo contiene. L’individuo vivendo perturba il campo e questo risponde alle perturbazioni, perturbando a sua volta l’individuo. La vita è in tale gioco di movimenti informativi che nel loro porsi, generano gradi di ordini/disordini, come una apertura/chiusura degli spazi-tempi per effetto dei quanti storici.
I quanti, perturbando, creano come effetto di ricaduta nell’io-campo una disorganizzazione, quale apertura o rottura dell’ordine, questa a sua volta necessita di una rilettura e riorganizzazione, quale chiusura in sé e avvio di un processo di rilettura che riesca a riequilibrare con un nuovo grado di ordine.
Il disordine è il grado d’entropia, come perdita di organizzazione, di identità, di stabilità dell’organismo-campo. L’ordine è il grado di sintropia, quale acquisto di un nuovo grado organizzativo che conserverà in sé la traccia-eco del mutamento. La vita è in rapporto alla capacità di saper rispondere alle perturbazioni dei quanti, per cui nel processo entropico/sintropico entra un fattore d’apprendimento quale processo neghentropico: la capacità a saper interpretare e valutare il segno informativo e a saper rispondere alla crisi di identità del sistema, rielaborando una risposta idonea. L’incapacità a rispondere mette in crisi il sistema e potrebbe generare la morte dello stesso, mentre la capacità ad elaborare una risposta apre al nuovo grado di complessità informativa.
ll processo biostorico-vitale si gioca in queste tre fasi di entropia, neghentropia, sintropia che ciclicamente si in-seguono (= seguono insieme), come la luna e il sole, dando vita/morte ai differenti presenti storici (Colamonico, 2002).
Le perturbazioni provocano negli individui/campi la destrutturazione/ristrutturazione come mutamento-permanenza della memoria-informazione di sé. La memoria è il grado di coscienza che permette di misurarsi con i quanti storici; il misurarsi, è la capacità a confrontarsi con la dimensione dell’essere e del divenire. Il confrontarsi implica, a sua volta, un’azione di neghentropia, quale apprendimento del vivere (Morin, 1977).
- Quali le ricadute sul piano delle conoscenza di una simile organizzazione?
Da Galilei in poi la scienza aveva avuto la pretesa a poter dimostrare, indipendentemente dal legame osservato-osservatore-osservazione, la natura della natura. I sistemi di Cartesio, di Newton, di Laplace, tendevano, ognuno a proprio modo, a risolvere il sogno, appartenuto ad ogni epoca, di scrollarsi di dosso l’incertezza, l’incompiutezza, con la relativa angoscia dell’ignoto, per acquisire l’assolutezza nel dire, nello sperimentare, nel comunicare e nel governare. Il sogno di essere il dio del proprio sapere e della propria storia.
L’opera titanica dei pensatori razionalisti, empiristi e illuministi aveva risolto le ambiguità di un apparire aperto a più sfaccettature, con la costruzione di tante scatole disciplinari allineate in cui, ordinate da leggi e calcoli matematici, ogni ambiguità assumeva la dignità di Scienza con la maiuscola. I fenomeni venivano catalogati, misurati, isolati e racchiusi.
Gli scienziati con zelo dimostravano il movimento disciplinato della vita, mentre si lasciava ai pittori e ai poeti il compito di raccontare quello indisciplinato. Ciò spiega il dualismo tra pensiero scientifico e pensiero umanistico con il relativo primato del primo sul secondo, con l’egemonia delle leggi fisico-matematiche su quelle psichico-emotive, con la supremazia dell’economia della ragione su quella del cuore, dell’economia degli Stati su quella degli Uomini. Ma, come ben sa l’atleta, ogni primato si presta ad essere superato.
Il secolo 1900 se da un lato ha segnato l’apice di tale egemonia, con quella che è definita la rivoluzione tecnologico-industriale, dall’altro indica la pietra d’angolo del ribaltamento e il relativo declino del titanismo scientifico meccanicistico determinista (Morin, 1993).
Per comprendere il nodo di crisi del sistema epistemologico Occidentale, bisogna rileggere il testo di J Gleick: Caos - La nascita di una nuova scienza (1987). Il giornalista fa una incursione ai bordi della ricerca scientifica e mette insieme una serie di teorie che vanno dalla meteorologia, alla geometria; dalla sociologia, alla biologia; dalla fisica alla geologia, sottolineando, ai profani della scienza, la presenza di un universo scientifico minore.
Universo minore, per ridondanza e non certo per valore, che ai margini delle Accademie, indaga sulle evoluzioni organizzative dei sistemi vitali e sui processi non lineari.
Le dinamiche, viste come un unico corpo organico, prendono forma sugli schermi dei computer, visualizzando il disordine come elemento dinamico e generativo della complessità della natura. Per essere più precisi, ai margini della scienza ufficiale si scopre che l’errore, quale fattore aleatorio, è la forza rigeneratrice della natura che apre i sistemi alla sintropia del Caos (= ordine delle diversità).
La scoperta scientifica del disordine, come incertezza o lato oscuro intrinseco all’organizzazione vitale, assume vari nomi: effetto farfalla o dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali; dimensione frattale; turbolenza; attrattore strano con relativo bacino d’attrazione; biforcazione e sdoppiamento delle linee evolutive, finestra di ordine nel caos, esplosione e implosione dei sistemi organizzativi. Tutti nuovi movimenti di correnti concettuali che rimettono in gioco la stessa conoscenza, vista non più come dato acquisito, una volta per sempre, ma come una perenne ri-organizzazione, ri-definizione, ri-appropriazione (Morin, 1977) di un gioco campo-individuo che sembra sfuggire ad ogni tentativo di catalogazione assoluta.
Si passa così da una scienza ad orologi ad una a nuvole (Popper, 1989). Da una lettura a sistemi chiusi a una a sistemi aperti alle alee d’evento (Prigogine, 1993) che rendono sempre nuovi e unici i processi, soggetti alle variazioni di campo. Da un sapere che afferma ad uno che ipotizza linee future di mondi possibili (Popper, 1984), in cui l’uomo entra nel gioco nella dinamica della natura con la sua stessa creatività.
Da tutte queste esplosioni di variabili che allargano il campo scientifico alla alea, la conoscenza, fortemente limitata e vincolata agli occhi-spazi d’osservazione (Einstein, 1988), agli strumenti-scale di lettura (Gleick, 1987)), acquista un nuovo significato. Non è più il campo dell’essere, ma bensì del divenire. Non più il fotogramma fermo in un tempo assoluto, ma un processo cinetico che accompagna la dinamica organizzativa della vita.
La scoperta della complessità, nella sua ricchezza di forme, a partire dagli anni ’60, dimostra il limite del grande castello determinista, con la relativa inadeguatezza a contenere e predire, nella ricchezza delle sue forme, la vita. Il mondo dei poeti e dei pittori acquista, così nuova dignità ad essere, ad esistere. C’è più realtà in un paesaggio di van Gogh che con pennellate veloci sfuoca e quantizza i confini dei luoghi, mostrando le turbolenze dei compi vitali, che nella legge del moto armonico smorzato del pendolo.
Il principio di falsificazione della scienza teorizzato da Popper (1984), può essere concretamente visualizzato dai giochi dei venti di Lorenz o dai salti di scale di lettura della crosta terrestre di Scholz o dalle finestre di ordine generate dal caos di Mey (Gleick, 1987); dalle forme frattali della geometria di Maldelbrot (1984).
All’inadeguatezza della scienza segue, come effetto farfalla, l’inadeguatezza delle politiche, delle economie, delle tecnologie, degli strumenti di lettura, delle mappe concettuali, delle carte topologiche, delle metodologie applicative e delle azioni riequilibranti.
Per comprendere il collassamento di tutto l’universo determinista, bisogna precisare che c’è un rapporto retroattivo positivo di squilibrio tra le indagini topiche, locali, e la visione utopica, generale, che giustifica quelle. Nel processo d’appropriazione da parte dell’io-osservatore della realtà, una variazione, anche minima nelle prime, topiche, automaticamente produce una ristrutturazione di tutta quanta la gnoseologia (utopica) che la contiene (Colamonico, 2002).
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